il manifesto 26.8.16
«Si muore di corruzione e imperizia nei lavori»
L'intervista.
Il responsabile del Centro pericolosità sismica dell’Ingv Carlo
Meletti: con una scossa simile in Cile o in California non ci sarebbe
stata questa devastazione
di Rachele Gonnelli
«Una
devastazione come in Irpinia nel 1980». Non è solo un’impressione
quella di Carlo Meletti, responsabile pericolosità sismica dell’Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia: è una prima valutazione fatta
sulla base delle ispezioni che i suoi colleghi dell’Ingv stanno facendo
in queste ore, perlustrando a tappeto la zona colpita dal sisma, e con i
quali è in costante contatto.
Perché l’Irpinia e non L’Aquila? Perché è crollato quasi tutto ad Amatrice?
Sì, dai primi dati sembra che i crolli siano essenzialmente dovuti alla tipologia povera del costruito. Muri fatti con pietrame.
Amatrice
ha pagato il prezzo della sua passata povertà? L’edificio rosso nuovo
che si vede nella foto dall’alto (anche ieri in prima, ndr) è rimasto in
piedi…
In realtà anche quello sembra seriamente danneggiato, da
buttare giù. Nel filmato fatto dal drone dei Vigili del fuoco si vede
chiaramente che è spezzato in due. Ed essendo di recente costruzione
vuol dire una sola cosa: che il cemento armato non è stato legato bene
con le travi dei pilastri. All’Aquila a volte il cemento non era neppure
armato, mancava del tutto il ferro dentro.
Per essere antisismico
un palazzo deve prima di tutto essere costruito come si dice, a regola
d’arte? Questo spiega perché la torre medievale di Amatrice è rimasta in
piedi ed edifici molto più moderni come l’ospedale o la scuola si sono
sbriciolati?
Amatrice era proprio sopra al terremoto, che è stato
superficiale. In questi casi il grosso della scossa più verticalea,
immagino che se fosse stata più orizzontale la torre dell’orologio
oscillando avrebbe avuto una maggiore probabilità di crollare. Anche in
Emilia nel 2012 alcuni campanili stretti e lunghi hanno resistito perché
l’accelerazione era verticale. La scuola era degli anni ’30 ma
risistemata nel 2012 con tecniche modernissime, addirittura fibre di
carbonio: ci sarà modo di capire cosa sia successo e se i lavori siano
stati fatti bene. In generale possiamo dire che la prima norma
antisismica è avere un muratore che sa fare bene il suo mestiere, che
usa il filo a piombo come facevano i romani o gli egizi. Poi
naturalmente ci sono molte altre regole da seguire ma nel terremoto del
Sannio del 1688, un paese amministrato dai Borboni fu distrutto
totalmente da un terremoto di grado 6,5, lo Stato pontificio mandò i
suoi architetti che dopo attente analisi compilarono un decalogo per la
ricostruzione e trasformarono Cerreto Sannita nel gioiello che si può
tuttora ammirare (vedi il manifesto di ieri, ndr). La regola basilare
era l’utilizzo di pietra squadrata con angolo a novanta gradi e di travi
in pietra sugli stipiti. Molto semplice ed è ancora lì.
E a L’Aquila cosa è successo?
L’Aquila
non doveva crollare, dietro la parte crollata ci sono le magagne
evidenziate nelle perizie del tribunale. Non doveva crollare con una
magnitudo di 6, molto vicina a quella di Amatrice. Con un sisma così si
può morire solo in Italia, in Grecia e forse in Turchia, non altrove. In
California e in Cile quasi non se ne sarebbero accorti. Il Cile ha
molto da insegnare. Lì nel 1960 c’è stata la scossa più forte mai
registrata dagli strumenti, 9,5. Poi è stato tutto ricostruito con una
normativa seria. Nel 2010 hanno subito un terremoto di magnitudo 8,8 e
ha fatto pochissime vittime. Dagli Stati Uniti un’équipe di ricercatori
ha stabilito un nesso tra numero delle vittime a parità di magnitudo e
tasso di corruzione calcolato sulla base degli indici internazionali che
oggi esistono. Il Cile, com’è noto, è considerato un paese non
corrotto, al contrario dell’Italia. E questo è il primo fattore di
sicurezza, il secondo è una responsabilità civile molto forte che lega
per sempre il costruttore o restauratore, e il suo committente, con il
manufatto, anche dopo successive vendite.
In Umbria per la
ricostruzione dopo il terremoto la Regione ha dato molti incentivi ai
privati, forse non è un caso che oggi Norcia abbia resistito?
Nel
’79 in una zona poco a ovest, colpita da un sisma di magnitudo 6, non ci
fu una devastazione paragonabile. Era l’epoca di Zamberletti e del
dopo- Friuli, l’inizio delle vicende sismiche moderne nel nostro paese.
Finanziare dappertutto le ristrutturazioni antisismiche delle case private, si dice costerebbe troppo.
La
Lunigiana dimostra il contrario. Nel ’95 un terremoto del 5,3 ha
fortemente danneggiato la zona. La Regione Toscana ha dato 20 milioni di
lire a famiglia per interventi antisismici su edifici in muratura.
L’intervento migliore in termini di costo-beneficio sono le catene di
ferro da una facciata all’altra e questo è stato fatto. Gli investimenti
sono triplicati perché le famiglie che ne hanno approfittato per fare
altri lavori a proprie spese e le ditte edili hanno acquisito «un know
how». Nel 2013 in Lunigiana c’è stato un nuovo sisma del 5,3 e in
sostanza non ci sono stati danni. La prevenzione si può fare e dà
risultati.
Ma si può fare in tutte le zone rosse e viola della mappa dell’Ingv?
La
mappa colorata è diventata un’icona pop dei nostri tempi. L’abbiamo
fatta, ma a che serve se non ci agganci un’azione di prevenzione?
Invece cosa si dovrebbe fare?
Ancora
oggi per capire lo stato degli edifici mi devo basare sui dati poveri
del censimento Istat che aveva alcune domande sulla tipologia abitativa.
Sono gli unici dati disponibili e se ne ricava che l’80% delle case
italiane è precedente al 1981, cioè sono state costruite prima della
ancor blanda prima normativa antisismica. Quanto a scuole e ospedali c’è
solo una mappatura finanziata dalla Protezione civile nel Centro Sud
grazie ai lavori socialmente utili a metà anni ’90. Che la prefettura
dell’Aquila dovesse crollare era già scritto in quel librone.
E non è stato fatto nulla? Le scuole…
Qualcosa
è stato fatto dopo S. Giuliano di Puglia ma ancora troppo a spot. In
Italia c’è la sindrome Nintoo («not in my terms of office»), non si fa
niente se non è spendibile elettoralmente subito. Erdogan, che
evidentemente non ha questo problema, ha varato nel 2012 un piano
ventennale per abbattere e ricostruire 7 milioni di case: proprietari e
costruttori ci guadagnano con un aumento delle volumetrie. Noi potremmo
fare di meglio, credo.