Corriere 26.8.16
«La nostra scuola crollata? Per i tecnici era a posto, mi fecero pure i complimenti»
di Virginia Piccolillo
AMATRICE
Fa un passo e predispone un ospedale da campo («Ho avuto l’Ok da
Zingaretti»). Ne fa altri cinque e tenta di risolvere l’intoppo
burocratico dei certificati delle salme («Per ognuno bisogna andare a
Rieti. Che ci posso fare se il magistrato qui non vuole venire?»). Ne fa
altri sette e arriva, come uno schiaffo, la domanda sui fondi spesi e
non spesi per la prevenzione. Ora che anche la Procura indaga sul crollo
della scuola elementare di Amatrice, per il sindaco, Sergio Pirozzi,
sembra arrivato il momento delle domande. E delle risposte.
La prima. Quella scuola elementare era stata ristrutturata ma è venuta giù. Perché?
Allarga le braccia e fa un sorriso amaro. «C’è stato il terremoto».
Ma la Procura indaga su quell’edificio che ieri, in un’altra scossa, ha perso un intero spigolo.
«Certo.
È un atto dovuto. Ma non mi fraintendete. Non voglio difendere nessuno.
Ognuno si assumerà le eventuali responsabilità. Io faccio il sindaco,
non il tecnico».
Ma erano stati spesi trecentomila euro?
«Di più. Mi pare cinquecentomila stanziati dalla Regione e cento dal Comune».
E non sono serviti a nulla?
«No, no. Le migliorie antisismiche ci sono state, compatibilmente con il tipo di edificio».
Quale tipo?
«La scuola è sottoposto a vincoli dei beni culturali perché è stata costruita nel 1930».
E chi ha controllato che le migliorie tecniche fossero adeguate?
«Dopo
il terremoto dell’Aquila facemmo venire i tecnici per verificare se la
scossa, che qui si è sentita molto forte, avesse messo a repentaglio la
stabilità dell’edificio. E la scuola è risultata a posto. Ma le dirò di
più».
Ovvero?
«Nel 2013 qui ci fu un altro terremoto. E in
quell’occasione ci furono altri rilievi tecnici. E per la stabilità
della scuola io ricevetti addirittura i complimenti. Mentre per il
liceo...».
Per il liceo?
«Nonostante non fosse di mia
competenza io lottai perché i ragazzi non rientrassero in quella
struttura pericolosa. E ora mi dovrebbero fare un monumento per quel
container che può ospitare il centro operativo della protezione civile
per i soccorsi perché è l’unica struttura rimasta agibile».
Il centro storico è distrutto. Davvero non si poteva far nulla per evitarlo?
«Facile parlare col senno del poi. Venissero quassù a vedere, invece di fare bassa speculazione».
Cosa scoprirebbero?
«Le
anomalie questo terremoto le ha avute tutte. Duecento morti già
estratti e quelli purtroppo che temiamo di trovare lì sotto lo
dimostrano. Ma poi la violenza con cui ha colpito in alcune zone, mentre
altre non sono state neanche sfiorate. La porta Carbonara non era mai
crollata».
Le case erano a norma?
«Le normative sono cambiate con gli anni. I privati si adeguano a quelle in vigore al momento della costruzione».
Al netto delle feste e della sagra degli spaghetti quanti abitanti ha il centro storico di Amatrice?
«Circa
duemila e cinquecento persone. Le altre sono seconde case per le
vacanze riaperte in questo periodo. Se la scossa fosse arrivata lunedì i
morti sarebbero stati molti, molti di meno».
Riaprirà la scuola dei bimbi?
«Subito. Amatrice deve ripartire».
Anche loro studieranno in un container?
«È la soluzione più sicura».
Quante tendopoli verranno allestite?
«Otto. E voglio che siano allestite al meglio. Qui la sera fa già zero gradi. In inverno la temperatura va ancora più giù».
Non pensa al modello New Town?
«No. Assolutamente. Amatrice era uno dei borghi più belli d’Italia e così deve tornare».
Come fare con un centro storico completamente distrutto?
«Io
rivoglio la città com’era. Il modello sarà quello del Friuli, non delle
New town. Meglio aspettare un po’ di più nelle tende ma riavere
l’Amatrice disegnata da Cola Filotesio».
Lei aveva detto «Amatrice non esiste più». Adesso ha cambiato idea?
«Era
un momento di scoramento che mi ha preso proprio quando ho visto che
era caduta, per la prima volta nella storia, la porta della città».
Non lo direbbe più?
«No.
I soccorsi sono stati straordinari. Abbiamo avuto prove di affetto
dagli amici e da tutto il mondo. Siamo montanari. Di fronte alle
difficoltà noi ci rimettiamo in marcia. C’è la dobbiamo fare. Amatrice
risorgerà».