venerdì 26 agosto 2016

Corriere 26.8.16
Materiali e collaudi La procura indaga per disastro colposo
In Italia molti Comuni a rischio non usano i fondi
di Ilaria Sacchettoni Mario Sensini


AMATRICE Com’erano fatti quegli edifici che sono crollati come castelli di carte? C’è un responsabile della morte di centinaia di persone? Sotto una generica ipotesi di reato — disastro colposo — la procura di Rieti ha avviato un’ampia indagine che potrebbe decollare a breve con un primo sequestro di macerie, funzionale ad analisi più approfondite. Sarà presto per dirlo, visto che si sta ancora aggiornando il calcolo di morti e dispersi, ma intanto si comincia a ragionare su un fatto palese: alcuni degli edifici, appena inaugurati, avrebbero dovuto essere a prova di sisma. Quali regole sono state seguite nella progettazione e nell’esecuzione? È possibile che siano stati utilizzati, ad esempio, materiali scadenti. E ancora: chi ha eseguito i collaudi e con quali procedure? La pm Cristina Cambi e il procuratore capo Giuseppe Saieva vogliono stabilirlo rapidamente: ieri hanno compiuto un sopralluogo e disposto dei sequestri, in particolare di immobili colpiti dal sisma in cui ci sono state vittime.
Quello in mano ai magistrati è un fascicolo che per il momento non contiene indagati, ma che è destinato ad ampliarsi a breve. Anche per le denunce che potrebbero arrivare da cittadini o da enti danneggiati: lo stesso Comune, ad esempio, potrebbe sporgere denuncia contro chi ha costruito, visto che molti edifici pubblici sono andati in briciole. In queste ore arrivano anche altre notizie: fondi stanziati nel 2009 eppure inutilizzati dai Comuni. Soldi per mettere in sicurezza edifici pubblici, come il campanile (che crollando ha ucciso un’intera famiglia) e la scuola di Amatrice ricostruita nel 2012. Le delibere con i relativi stanziamenti sono pubblicate anche sul sito della Protezione civile. A questo punto qualcuno potrebbe dover rispondere di reati ancora da accertare: dalla corruzione all’omissione di atti d’ufficio. Mentre nessuna denuncia è arrivata dai sindaci sulla tempistica dei soccorsi su cui si è polemizzato sia pure solo nelle primissime ore.
C’è da dire che il mancato utilizzo dei fondi per la prevenzione del rischio sismico per infrastrutture pubbliche ed edifici privati non è un problema dei soli Comuni montani del Lazio. Dei 963 milioni di euro stanziati dal governo dall’aprile 2009, a pochi giorni dal terremoto de L’Aquila, ad oggi, ne sono stati spesi pochissimi in tutt’Italia. «Colpa soprattutto di un meccanismo a dir poco farraginoso per l’erogazione dei contributi, che pure ci sono» dice il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, vicepresidente dell’Associazione dei Comuni. «I fondi arrivano ogni anno con un’Ordinanza della Protezione Civile, ma tutte le verifiche sulle richieste sono centralizzate, e i soldi - continua Castelli - non arrivano».
Di fatto quei fondi sono serviti solo per sistemare alcune scuole. Le domande di finanziamento per ristrutturare o ricostruire ponti e viadotti, sono state, fin qui, appena 23. «Una era la nostra. Ho chiesto i soldi per rifare un ponte che rischiava di crollare tre anni e mezzo fa. Sono arrivati a maggio» aggiunge Castelli. Per la messa in sicurezza degli edifici privati, di quel miliardo, sono stati spesi pochi milioni di euro. Nel 2013, ad esempio, sono state presentate 11 mila domande ai Comuni, che le hanno girate alle Regioni e da queste alla Protezione Civile, ma ne sono state accolte solo 1.849, di cui 480 in Puglia e 580 in Calabria (191 nel Lazio, 114 nelle Marche, 77 in Umbria, le zone colpite dal sisma di questi giorni), con un contributo medio di 20 mila euro.
Nel 2010 gli edifici privati che hanno beneficiato dei fondi per la prevenzione sismica sono stati appena 21 in tutt’Italia, saliti a 1.192 nel 2011 e a 1.326 nel 2012. Per il 2016 la Protezione civile stima interventi su 8-12 mila edifici, «ma se la normativa resta questa - dice Castelli - è del tutto irrealistico». Le Ordinanze della Protezione Civile per lo stanziamento dei fondi sono di una complessità estrema, in media una novantina di pagine, più una decina di allegati tecnici. Pagine e pagine per descrivere cosa sia un “edificio”, quali caratteristiche debba avere, quali gli interventi possibili e le clausole di esclusione. Sono stati invece quasi tutti utilizzati i fondi concessi ai Comuni per la «microzonazione sismica del territorio», la premessa per qualsiasi intervento. Le mappe i Comuni le hanno fatte, pure Accumoli e Amatrice. Ci sono anche i soldi, ma le case continuano a crollare.