sabato 27 agosto 2016

Corriere 27.8.16
So chi uccise la famiglia Einstein
La regista Lorenza Mazzetti, sopravvissuta all’eccidio nazista
«Sul web ho riconosciuto l’uomo delle SS, killer dei miei parenti»
di Stefania Ulivi


«Ora so chi ha ucciso la famiglia Einstein, sono stata in Germania a metà giugno per denunciare alla polizia colui che ritengo essere il responsabile dell’eccidio di mia zia e delle mie cugine, Cicci e Luce». E anche della morte, successiva di qualche mese, dello zio. Robert Einstein — cugino di Albert, il Nobel per la fisica, ebreo, fuggito in Usa agli albori del regime di Hitler — si suicidò nel 1945 devastato dal dolore. La strage di Rignano sull’Arno del 3 agosto 1944 è un capitolo tragico della storia d’Italia. Lorenza Mazzetti — regista, scrittrice, pittrice, classe 1927 — l’ha vissuta quando era bambina. In quella villa in Toscana viveva con la gemella Paola. Gli Einstein le avevano adottate piccolissime, rimaste orfane di madre, e poi di padre. Una vita idilliaca finita brutalmente.
Un orrore da cui è fuggita e che ha poi ricostruito scrivendo ( Il cielo cade , premio Viareggio) e dipingendo come nelle illustrazioni di Album di famiglia che La Nave di Teseo ripubblicherà presto. E di cui ora, anche grazie a Internet, è convinta di aver scoperto i responsabili. Le SS. «È stato un assassinio politico per colpire Albert». Di quel giorno, racconta al Corriere , ricorda le uniformi scure, il volto del capitano che fece scendere la zia, Cesarina Mazzetti, sposata all’ingegnere Robert Einstein, e le figlie. «Occhi chiari sotto gli occhiali». Un uomo senza volto per decenni. Poi, passando in rassegna su Google con la gemella Paola le foto di criminali nazisti è certa di averlo riconosciuto. «Johannes Robert Riis, che usava anche il nome di Hans».
Un sergente delle SS che partecipò all’assassinio di 175 civili a Padule di Fucecchio il 23 agosto del 1944 e che, a 94 anni, vive libero in Baviera. «Quando arrivarono i tedeschi eravamo certi che ci avrebbero ucciso tutti, lo pensavano anche i contadini. Invece fecero scendere la zia, poi Luce e Cicci e sentimmo gli spari. Non fu una strage indiscriminata come Fucecchio. Volevano loro». Il massacro è tuttora senza colpevoli, l’ipotesi che fosse opera del 104 Reggimento Panzergrenadier della Wermacht in ritirata non ha mai convinto le gemelle Mazzetti. «Sono passati tanti anni ma mai abbastanza per smettere di chiedere giustizia. Non c’è rabbia ma il male non si cancella».
Una vita, un romanzo, quella di Lorenza. Anzi cento. Alcuni capitoli sono il cuore del documentario Perché sono un genio (che sarà presentato a Venezia 73 nella sezione Classici) di Steve Della Casa e Francesco Frisari. Del Novecento Lorenza Mazzetti ha patito gli orrori (la devastazione nazista su tutti) e incarnato favolosamente l’ansia artistica e creativa. Una vena tuttora inesausta che ha toccato cinema, pittura, poesia, letteratura. Una donna che ha «saldato i debiti con la vita ancor prima di viverla», come spiega con candore. Persero i genitori da piccolissime, le gemelle Mazzetti. Nella villa del Focardo con gli zii Robert e Nina e le cugine Cicci e Luce, praticamente delle sorelle maggiori, ricominciano a vivere. Poi la fine feroce.
Anni dopo, in fuga dal ricordo di quell’orrore, la troviamo a Londra, cameriera squattrinata e quindi tra i fondatori del Free cinema, regista di uno dei film manifesto, Together , premiato al Festival di Cannes nel 1956. Quindi a Roma, vincitrice nel 1961 del premio Viareggio con il libro Il cielo cade (protagonista una bambina, Penny, che con la gemella Baby assiste allo sterminio per mano tedesca della zia Katchen e le due cuginette e al suicidio dello zio) , pubblicato grazie all’interessamento di Cesare Zavattini e Attilio Bertolucci. Poi, ancora, pittrice, collaboratrice di Vie nuove , il settimanale del Pci, burattinaia a Campo de’ Fiori, pittrice.
Un’artista multiforme, anche se lei la fa più facile. «Non sono una scrittrice, ho scritto dei libri. Non sono una pittrice, ho dipinto dei quadri. Non sono una regista, ho diretto dei film». Il tutto costellato da incontri fuori dall’ordinario: gli amici del Free cinema (Lindsay Anderson, Karel Reisz, Tony Richardson) e i loro amici (Richard Harris, Malcom McDowell che con Bernardo Bertolucci e David Grieco, il figlioccio, la racconta nel doc veneziano). E, ancora, Pasolini e Rod Steiger, Marguerite Duras e Gian Maria Volonté...
Tutti a proprio agio nel favoloso mondo di Lorenza, dove lei si muove leggera («Nulla è importante a parte che tutto è importante»). Con una complice speciale: la gemella Paola, («il mio angelo, siamo come un’unica persona»). E una certezza. «Anche nei momenti più duri ho sempre cercato di seguire il desiderio di fare l’impossibile».