Corriere 27.8.16
Jean-Pierre Le Goff
«Ordinanze troppo emotive Resta da affrontare la difesa della nostra civiltà europea»
intervista di Stefano Montefiori
PARIGI
«Dal punto di vista giuridico c’è poco da dire, la sentenza del
Consiglio di Stato è corretta e del resto le ordinanze erano formulate
male, scritte in modo precipitoso ed emotivo dopo gli attentati.
Tiravano in ballo la laicità quando non è questo il punto». Jean-Pierre
Le Goff, filosofo e sociologo, ha pubblicato pochi mesi fa il libro «
Malaise dans la démocratie » (Stock) per parlare del malessere francese.
Perché la laicità non c’entra?
«Perché
riguarda la separazione tra la sfera politica dello Stato e le
religioni, non le spiagge. Anche la legge sul burqa si fonda non sulla
laicità ma sul fatto che il velo integrale islamico turba l’ordine
pubblico, perché nasconde il volto della persona, lo stesso vale per un
passamontagna. In ogni caso, la sentenza del Consiglio di Stato lascia
intatta la questione politica».
Come la definirebbe?
«Una
questione di civiltà, culturale. Oggi una parte considerevole della
popolazione prova un’insofferenza crescente verso atteggiamenti che
vengono percepiti come una provocazione. Non bisogna negare questa
realtà. I sondaggi sono molto chiari. Ed è inutile tirare in ballo il
razzismo, la discriminazione, o addirittura una volontà di sopraffare la
libertà delle donne di vestirsi o coprirsi come vogliono. Sono
assurdità. Il punto è che certi abbigliamenti sono poco sopportabili a
una popolazione che ha avuto centinaia di morti negli attentati. Le cose
sono cambiate, nei decenni».
È aumentata l’esibizione religiosa?
«Certamente.
Non si tratta di un semplice foulard, come se ne vedevano ogni tanto
negli anni Ottanta. Anche se il burqa è vietato, oggi girano per strada
donne coperte dalla testa ai piedi e con i guanti. È una constatazione.
Anche se una parte della sinistra moralizzatrice parla di razzismo».
La
sinistra a dire il vero è divisa e un suo esponente di notevole peso,
il primo ministro Manuel Valls, ha detto di comprendere i sindaci.
«È
vero, e ha fatto bene. Altri si rifiutano di riconoscere l’inquietudine
dei francesi. Bisogna dare una risposta ragionevole a questa
preoccupazione, invece di accusare di razzismo. Quando alla tv i
francesi vedono le ragazze rapite da Boko Haram, come sono vestite? Non
ricordano forse le donne che vediamo sempre più spesso nelle nostre
strade? L’ex ministro socialista Jean-Pierre Chevenement (che Hollande
vuole mettere a capo della fondazione dell’Islam di Francia, ndr ) ha
ragione a chiedere ai musulmani più “discrezione” quanto ai simboli
religiosi. Oppure possiamo ignorare questi problemi, e allora a quale
percentuale arriverà Marine Le Pen al primo turno delle presidenziali?
Se vogliamo fare salire ancora l’estrema destra non c’è modo migliore».
Anche Hollande e il governo parlano spesso delle questioni identitarie.
«Ma
esiste un islamo-gauchisme di estrema sinistra dove si mescolano
diritti individuali e tutela della donna con indulgenza verso gli
islamisti, una confusione totale. La sinistra oggi è in difficoltà
perché da trent’anni ha abbracciato una visione multiculturale estranea
alla tradizione assimilazionista della Francia».
Che pensa delle critiche del mondo anglosassone?
«Non
mi sorprendono, il loro modello multiculturale è appunto diverso dal
nostro. Ma noi che vogliamo fare? Adottare quello? Molti francesi non
vogliono, perché c’è un modo di vivere insieme che si è strutturato nei
secoli e che va al di là della laicità. La domanda è: in quale civiltà
vogliamo vivere? E quale ruolo della donna vogliamo difendere? Siamo a
un bivio: o restiamo repubblicani, o diventiamo multiculturali come gli
anglosassoni. Ma dobbiamo affrontare il problema, o rischiamo di
assistere a manifestazioni di violenza».