Corriere 26.8.16
Roma, la sindaca resiste sui maxistipendi
Raggi minimizza: io questi mal di pancia non li ho sentiti. Il vicesegretario generale blocca una nomina
Le distanze con l’assessore al Bilancio Minenna, il gruppo consiliare le scrive e chiede decisioni condivise
di E. Men.
ROMA
«Mal di pancia interno sui maxistipendi? Questo mal di pancia io non
l’ho sentito». All’ora del tramonto, davanti alla scalinata della Lupa
capitolina, sotto Palazzo Senatorio, Virginia Raggi cerca di smontare — o
quantomeno smussare — le polemiche di questi giorni. La «base» romana
del Movimento 5 Stelle è ad un passo dalla rivolta, gli attivisti si
stanno organizzando per una megariunione da tenersi a settembre sul
«caso Roma», il post di Francesca De Vito, sorella di Marcello, che
accusava soprattutto il vicesindaco Daniele Frongia di aver scelto
«amici di merende» come suoi collaboratori (il riferimento è soprattutto
a Eric Sanna, ex compagno di stanza di Frongia quando i due erano
all’Istat), ha fatto molto rumore e fatto agitare anche i vertici di M5S
che stanno guardando con grande attenzione a cosa accade in
Campidoglio.
Ma la sindaca tira dritto. Nessuna riduzione dei
compensi, almeno per ora. Ma anche, al momento, nessuna nuova
assunzione. Quelle già previste, per rimpinguare lo staff della
comunicazione, vengono rinviate alla settimana prossima.
E, anzi,
nella riunione di ieri dell’esecutivo capitolino, è stato il
vicesegretario del Comune, Mariarosa Turchi, a «stoppare» l’assunzione
di un ingegnere, Stefano Ciceroni, dicendo che nella delibera di nomina
dovevano essere meglio spiegate le motivazioni dell’incarico. Il fronte,
insomma, resta caldo. Tanto che i consiglieri comunali pentastellati
stanno pensando di scrivere una lettera aperta alla sindaca per chiedere
decisioni maggiormente condivise con il gruppo: «Se le scelte fatte
finora fossero in linea con i principi di M5S non ci sarebbe nulla da
dire, ma non è così. Noi non vogliamo fare i passacarte o gli
schiacciabottoni», fanno sapere. Secondo gli spifferi che arrivano dal
Campidoglio, anche il superassessore al Bilancio Marcello Minenna,
avrebbe chiesto alla sindaca di rivedere gli stipendi, soprattutto
quello del caposegreteria Salvatore Romeo. Raggi, però, non molla. E,
come contromossa, avrebbe messo sul piatto anche la decurtazione dello
stipendio della capo di gabinetto Carla Romana Raineri, molto vicina
allo stesso Minenna.
La situazione, così, è in fase di stallo. Lo
dicono anche i comunicatori del Comune: «Dobbiamo riorganizzare tutti
gli uffici e gli staff». Raggi, che ha aperto la giunta (nella quale è
stata approvata la delibera per la partecipazione di Roma al bando sulle
periferie varato dal ministro Delrio: per la Capitale ci sono 18
milioni in ballo) con un minuto di silenzio per le vittime del
terremoto, respinge le polemiche al mittente: «Queste ricostruzioni non
le abbiamo sentite e nemmeno i cittadini. Lasciateci occupare di
politica e voi continuate pure con le vostre ricostruzioni».
Caso
chiuso? Non ancora. Perché sulle assunzioni al Comune pendono due
ricorsi (uno di Fabrizio Ghera di FdI alla Procura e alla Corte dei
conti, l’altro del Codacons solo alla magistratura contabile) che
potrebbero aprire un altro fronte di fibrillazione interna al Movimento.
Gli attivisti, infatti, stanno già pensando — se le cose andranno
avanti in questo modo — di chiamare Virginia Raggi al recall , il
meccanismo all’americana di verifica sul suo operato. Procedura prevista
nel famoso «contratto», cioè il «Codice di comportamento» firmato dalla
sindaca al momento della sua candidatura, da applicare in caso di gravi
inadempienze agli impegni assunti. Oppure se, come si legge
nell’articolo 9 (Sanzioni), «il sindaco venga iscritto in seguito a
fatti penalmente rilevanti nel registro degli indagati e la maggioranza
degli iscritti M5S decida per le dimissioni». Ma sono solo ipotesi.
Almeno per ora.