domenica 3 luglio 2016

«un’operaia alla macchina da cucire guadagna 67 dollari al mese, può arrivare ad 80 con gli straordinari» sic!
Repubblica 3.7.16
Jeans e tshirt a basso costo per un export da record
La delocalizzazione attrae qui le piccole imprese del tessile
L’Italia importa dal Bangladesh beni per 274 milioni di euro, di cui 271 in prodotti tessili e pellami. E i dati sono in crescita
di Luisa Grion

ROMA. In Bangladesh per affari, soprattutto affari nel tessile. Per produrre direttamente sul luogo tessuti e pellami,acquistare abbigliamento-basic da rivendere in Italia o per trattare scambi commerciali convenienti e dare così una spinta a uno dei settori che in patria più languono. Erano a Dacca per questi motivi i nove italiani trucidati all’Holey Artisan.
Il Bangladesh, infatti, nonostante l’estremismo, l’instabilità politica, la burocrazia e la povertà diffusa, attrae imprese da tutto l’Occidente e — nel tessile in particolare — punta a far concorrenza alla Cina, unico paese che lo supera quanto a export del settore. Magliette e tessuti, jeans e denim soprattutto (a novembre, proprio a Dacca c’è una delle più importanti fiere a livello mondiale). Secondo gli ultimi dati Sace (il gruppo assicurativo nell’export credito) il tessile dà lavoro a 4 milioni di persone, vale il 13 per cento del Pil nazionale e l’80 per cento dell’export. A Dacca e dintorni si produce — indirettamente, attraverso società terze — per H&M, Zara, Walmart, El Corte Inglese, Benetton: tutte le grandi catene del prezzo medio-basso. Ma anche — in «piccoli quantitativi», precisano — per marchi di lusso come Armani, Ralph Lauren o Hugo Boss. E grazie alla delocalizzazione il distretto attrae molte imprese di piccole dimensioni: nemmeno le associazioni di categoria sanno dire quante.
Nel complesso l’Italia, secondo gli ultimi dati Ice, importa dal Bangladesh beni per 274 milioni di euro, la stragrande maggioranza (271) in prodotti tessili e pelle. Un dato in crescita del 13 per cento rispetto al 2015. La stragrande maggioranza degli scambi avviene con la Lombardia, province di Cremona e Pavia in particolare.
A chi lo sceglie come luogo di produzione il Bangladesh offre tanta manodopera femminile a basso costo. Secondo un rapporto dell’associazione “Abiti puliti»”, un’operaia alla macchina da cucire guadagna 67 dollari al mese, può arrivare ad 80 con gli straordinari. Il costo del lavoro incide sul prezzo finale solo per lo 0,6 per cento.
Riguardo alle condizioni di lavoro, parla una data: il 24 aprile 2013, a Savar, distretto di Dacca, il Rana Plaza, edificio commerciale di otto piani che ospitava al suo interno cinque centri di produzione tessile venne giù per un cedimento strutturale. I proprietari delle fabbriche, che lavoravano per 29 grandi marchi, non vollero tener conto delle crepe e degli avvisi di sgombero. Morirono 1.129 persone, per la maggior parte ragazze fra i 17 e i 20 anni.