Repubblica 9.7.16
Italicum, lo spettro della conta che può inguaiare Matteo “Duecento vogliono cambiare”
Alla
Camera grandi manovre dopo la mossa di Franceschini. Per la prima volta
Renzi rischia la golden share. Ma i suoi: ribaltone impossibile
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Una conta sull’Italicum dentro il gruppo del Pd alla Camera potrebbe
mandare Renzi in minoranza per la prima volta dal momento della sua
elezione a segretario, 2 anni e mezzo fa. Lo spettro di uno scenario
clamoroso e finora inatteso si aggira da alcuni giorni a Montecitorio.
Negli scambi di opinioni tra deputati, nel movimentismo dei dirigenti
che fanno parte della corrente di Dario Franceschini, il primo leader a
chiedere pubblicamente la modifica della legge elettorale. Secondo
alcuni sono ormai circa 200 su 301 gli onorevoli del gigantesco gruppo
dem convertiti agli aggiustamenti. Secondo altri, questo fronte interno
non diventerà mai maggioritario. Ma il problema è evidente a tutti,
anche ai fedelissimi renziani. La richiesta di una correzione, per
motivi diversi, non è più solo un assillo degli alleati centristi, bensì
una bomba pronta a esplodere nel cuore del Pd.
Se Renzi dovesse
perdere la golden share tra i suoi parlamentari, vedremmo il primo
effetto tangibile e concreto della sconfitta alle comunali e del
possibile effetto domino sugli equilibri dell’esecutivo e sui pronostici
del referendum. Il premier ha fiutato l’aria. Per questo la sua
chiusura alle modifiche non è più netta, per lo stesso motivo non si
esclude nemmeno lo spacchettamento dei quesiti referendari. In realtà,
Renzi ha una posizione di fermezza sia sulla legge elettorale sia sul
referendum: non si cambia nulla. La forza delle cose e dei numeri però
non solo avanza, ma esce allo scoperto. «Riscontro oggettivamente che
l’idea di cambiare la norma elettorale si sta diffondendo nel gruppo
parlamentare - dice Piero Martino, vicinissimo a Franceschini -. Del
resto, non è solo una questione di alleanze, ma di mandare un messaggio
al mondo del centrosinistra, offrirgli delle sponde per tornare dalla
nostra parte». Gennaro Migliore, ex Sel ora renziano, vede «qualche
spostamento che non diventerà mai un fronte maggioritario. La legge non
va assolutamente cambiata, l’idea del premio alla coalizione è folle. Ho
votato l’Italicum proprio perchè non c’era». Il “giovane turco” Daniele
Marantelli la pensa allo stesso modo: «Se il punto è il premio alla
lista, va bene così com’è. I partiti devono adattarsi».
La conta
è, per il momento, solo immaginaria, un sondaggio volante tra i banchi
dell’aula. Ma nessuno può escludere che si arrivi a un voto nel gruppo
parlamentare. Renzi, se confermasse la chiusura, rischierebbe di finire
in minoranza, sfiduciato dai suoi deputati. Come mai sono cambiati i
numeri rispetto a un anno fa, quando la legge fu votata da tutto il Pd
con l’eccezione della minoranza (38 voti)? Per evitare le elezioni prima
del 2018, ovvero la perdita della poltrona? Forse. Per respingere la
minaccia del voto anticipato che arriva da Palazzo Chigi? Può darsi. Per
salvare il referendum ricompattando i dem e strizzando l’occhio agli
alleati e a Forza Italia? Possibile. «Oggi, chi vuole aiutare davvero
Renzi, smette di dargli sempre ragione - argomenta Dario Ginefra,
deputato senza corrente -Io registro ormai un’ampia maggioranza a favore
delle correzioni dentro il Pd. Matteo deve scegliere un approccio
diverso, puntare sulla responsabilità collettiva». E aggiunge: «I numeri
per correggere l’Italicum ci sono. Basta mettere la fiducia come è
successo la volta scorsa».
In bilico tra l’apertura e la sfida, si
colloca la dichiarazione di Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd
Italicum: «Noi restiamo aperti al confronto, ma solo su ipotesi che
abbiamo una solida base numerica». Più sfida, forse. Come quella di
Graziano Delrio: «Per me l’Italicum è un’ottima legge, poi il Parlamento
è sovrano e si vedrà: il Vangelo è stato scritto da qualcun altro». Non
si può più dire, come faceva Renzi un mese fa dal Giappone: «La legge
elettorale non si discute ».
Troppe tensioni, bisogna lasciare,
anche tatticamente, uno spiraglio. Ma basta? Forse non più, se sul carro
delle modifiche sono saliti in tanti. Un’altra voce da registrare è
quella del cattolico Beppe Fioroni: «Dobbiamo ripensare l’Italicum,
quello che si deve avere il coraggio di dire è che va cambiata una
parola, che il premio di maggioranza va spostato dalla lista alla
coalizione, non per convenienza ma per convinzione ». Quella che manca a
Renzi.