Repubblica 8.7.16
Il figlio portato sullo scranno e il direttorio al posto d’onore la prima seduta è uno show
L’immagine
del piccolo Matteo seduto sul seggio già occupato da Alemanno e Marino
sottolinea il cambio di stagione nella bolgia dell’assemblea
di Alessandra Longo
ROMA.
Ecco un bambino di sette anni sullo scranno più alto del Campidoglio.
Gioca come se fosse a casa sua, con il microfono e il touch screen della
postazione, mentre la mamma, con la fascia tricolore, gli accarezza la
testa. Se c’è un’immagine che certifica il cambio della guardia
politico, l’«avvio di una nuova era», come la definisce Virginia Raggi, è
proprio questa: Matteo l’innocente siede al posto che fu di Gianni
Alemanno, sindaco salutato a braccia tese, e di Ignazio Marino, ultimo,
incerto protagonista della stagione Pd, che sarà ricordato anche per
un’imbarazzante vicenda di conti al ristorante. Un bambino per il rito
di «purificazione », per ricominciare dopo le macerie.
Scena di
freschezza, scena abilmente studiata, poco importa. Nella bolgia
infernale dell’aula Giulio Cesare, affollata di parenti dei consiglieri
Cinque Stelle, di cittadini accaldati e militarizzati e cronisti non
graditi, Matteo fa ciao con la manina alla mamma che scende dal suo
trono e lo viene a prendere. Delizia per cineoperatori anche quando il
piccolo pretenderà, più tardi, in piena votazione dei vicepresidenti
(tra l’altro ripetuta per una goffa svista sulle schede)un gelato alla
buvette. Virginia Raggi, pantalone e maglietta neri, portafoglio in
mano, paga il cornetto del figlio. Il monitor sopra la cassa inquadra
l’aula: «Mamma il tuo posto è quello! ». Sì, la mamma, votata dalle
periferie, si è presa la città ma non sarà mai sola a gestirla. Lo si
intuisce dall’inedito parterre de roi che si è insediato al centro
dell’aula, tra i due emicicli. Ecco il direttorio nazionale e il
comitato romano, ecco i colleghi che non la perderanno mai di vista:
Carlo Sibilia, Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Carla Ruocco,
Roberto Fico, Roberta Lombardi, Massimo Castaldo, Gianluca Perilli...
Loro la marcheranno stretta, ci puoi giurare. Dall’angolo in alto a
destra, Giorgia Meloni, agita un po’ nervosa il ventaglio: «Sento vaga
aria di commissariamento».
C’è Alfio Marchini, perfettamente
pettinato, sui banchi deserti della destra che non c’è più. Di fronte, a
sinistra, si sono insediati i 29 consiglieri grillini. Quel che resta
del Pd e degli altri compagni è relegato in un angoletto. Roberto
Giachetti, il grande sconfitto, fa gesto elegante e va a salutare
sindaca e giunta. Stefano Fassina, visto dalla platea, è un puntino
fermo e composto. In esordio, un minuto di silenzio per Beau, il ragazzo
americano ucciso a Roma. E gli italiani morti a Dacca? Rendiamo omaggio
anche a loro!, tuona la destra. Prima schermaglia.
Matteo segue
la seduta con il padre Andrea Severini. «Poraccio! - sussurra un
militante - era attivista dei Cinque Stelle ben prima di Virginia». La
vita è così: ora lei ha la fascia tricolore e lui, separato, sopporta i
flash con stoica rassegnazione: «È una giornata speciale per tutti». Più
in là ,un posto al sole anche per l’amico dei consumatori, Rosario
Trefiletti e per Elio Lannutti, presidente Abusdef: «Sono amico di Beppe
Grillo dal ‘93. Diamo una mano a questi ragazzi perché non sbaglino».
Amministrare
Roma: da brivido. Nel discorso del giuramento, la sindaca sceglie
testimonial irraggiungibili come Petroselli e Argan. «Virginia è donna e
deve dimostrare che una donna può fare bene, anzi meglio», dice Lorenzo
Raggi, in prima fila con la moglie. Padre orgoglioso: «Mia figlia deve
governare con onestà e fare da volano al Movimento. Se lei e la
Appendino falliscono l’obiettivo fallisce il Movimento».
Il clima è
di festa, con una punta velenosa di fastidio, che serpeggia tra
militanti e cittadini. Ce l’hanno con «il mondo di prima », quello che
ha fatto di tutto, a loro dire, per ritardare il successo elettorale. Ce
l’hanno anche con i giornalisti, prima confinati in un recinto poi
tollerati alla cerimonia. «Lei è del Corriere? Che vomito! Lei è di
Repubblica? Si licenzi e cominci a pensare da donna libera!».
Ora
sono loro i vincenti. E frotte di neoavvocati pare si affrettino a
mandare i curricula allo studio Sammarco dove lavorava Virginia: «Forse
pensano che poi diventeranno tutti sindaco», ride Pieremilio Sammarco,
anche lui in aula. La cerimonia è lunga ma il pubblico si è preparato il
finale. Tutti in coro, convinti di avere il copyright, scandiscono la
parola magica: «Onestà».