Corriere 8.7.16
Raggi debutta con il figlio in braccio. E il direttorio Cinque Stelle in prima fila
In consiglio comunale il grido «Onestà». E c’è Sammarco, il titolare dello studio che assiste Previti
di Ernesto Menicucci
ROMA
C’è il grido di battaglia «onestà, onestà», come nelle giornate più
calde della giunta Marino e degli avvisi di garanzia di Mafia Capitale.
Solo che stavolta, al primo consiglio comunale «dell’èra Raggi», è un
urlo di vittoria, scandito dalla stessa Raggi, dai simpatizzanti accorsi
al Campidoglio, dai 29 consiglieri M5S che occupano gli scranni di
sinistra dell’aula Giulio Cesare (dove ci sono anche il Pd e Fassina: un
lato è pieno, l’altro del centrodestra semivuoto) e dai parlamentari ed
esponenti a Cinque Stelle che occupano una sorta di parterre de roi .
I
vari Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia,
Paola Taverna, Roberta Lombardi, Stefano Vignaroli, Marta Grande
siedono in prima fila, in faccia alla sindaca, alla giunta e alla
presidenza dell’aula (eletto Marcello De Vito), in mezzo ai banchi di
maggioranza ed opposizione, su delle seggiole col cartoncino
«riservato». Uno spazio fisico, quello, che è riservato agli «eletti»
del popolo romano, tanto che i cittadini a cui il Movimento si rivolge
sono in fondo alla sala. Quello dei parlamentari sembra almeno un
accerchiamento, se non un commissariamento. Ed è come se, quando vinsero
Gianni Alemanno o Ignazio Marino, Pdl e Pd avessero portato al centro
dell’aula i loro esponenti di punta. Ultima annotazione: le sedie al
centro della «Giulio Cesare» ci sono solo in cerimonie particolari,
quando ci sono autorità, o rappresentanti istituzionali.
A parole,
però, i leader di M5S tengono le distanze. Alessandro Di Battista è
chiaro: «Il Movimento è una comunità, ma la sindaca è la Raggi». E Luigi
Di Maio, da Tel Aviv, aggiunge: «Una squadra che meraviglierà. Non ci
sono assessori in quota M5S».
Raggi prende in braccio il figlio
(seduto nel pubblico col marito della sindaca Andrea Severini), lo fa
sedere al suo posto, saluta i genitori, presenta i componenti della sua
squadra uno ad uno: dal vicesindaco Daniele Frongia fino all’ultima
entrata, la giovane ricercatrice Linda Meleo. Non c’è Andrea Lo Cicero,
che prova a fare buon viso a cattiva sorte: «Apprendo con grande stupore
di non essere in giunta. Ma faccio un rugbistico in bocca al lupo».
Nel
pubblico, in prima fila, vicino alla famiglia Raggi c’è anche
Pieremilio Sammarco, «mentore» della Raggi, titolare dello studio che
difende Cesare Previti, dove la sindaca lavorava: «Siamo suoi amici, che
male c’è?», dicono. Sammarco ci tiene ad allontanare da sé sospetti:
«Non abbiamo dato consigli, non abbiamo indicato nomi. Siamo
professionisti e basta. E, certo, siamo contenti per Virginia». Avranno
almeno moltiplicato il lavoro: «Per ora ci sono solo arrivati più
curricula di avvocati che vogliono lavorare da noi...».
Nel suo
discorso di insediamento — dopo l’Inno di Mameli e il minuto di silenzio
per Beau Solomon, il ragazzo americano ucciso nel Tevere (le
opposizioni chiedono che sia fatto anche per le vittime di Dacca, ma la
maggioranza non capisce) — Raggi strappa cinque applausi, evoca «Luigi
Petroselli e Giulio Carlo Argan», i sindaci di sinistra degli anni ‘70,
dice che aprirà «il Campidoglio la domenica», annuncia lo streaming
quasi totale. Oggi al prima giunta sarà sui migranti. Intanto, però, il
sito del Comune annaspa, i nomi della giunta li dà per primo il blog di
Beppe Grillo e la votazione sui vicepresidenti d’aula è sbagliata e
viene rifatta. Il Pd non applaude, ma da Stefano Fassina e Alfio
Marchini arrivano due «aperture». Il primo presenta la mozione per fare
il referendum sulle Olimpiadi (a M5S andrebbe bene), il secondo parla di
«aria di freschezza in Campidoglio». Il vento, magari, è cambiato
davvero.