Repubblica 8.7.16
Giacomelli, sottosegretario Pd
“Il No delegittima le Camere le elezioni sarebbero inevitabili”
intervista di Goffredo De Marchis
ROMA.
No alla modifica dell’Italicum. E se a ottobre la riforma
costituzionale viene bocciata dagli italiani, nessun governo dopo Renzi:
«La lettura sarebbe inequivocabile, questo Parlamento non potrebbe più
andare avanti». E dunque: elezioni. Il sottosegretario alle
Comunicazioni Antonello Giacomelli (Pd), amico di Dario Franceschini ma
vicinissimo a Luca Lotti, braccio destro del premier, è convinto che non
siano le alchimie parlamentari la risposta al brutto risultato delle
comunali.
La richiesta di una correzione della legge elettorale è
forte dentro il Pd (da Franceschini alla sinistra) e tra gli alleati.
Non vanno ascoltate queste voci?
«Non credo sia quello il
problema, non sarebbe la mossa decisiva, al di là dei rapporti tra le
forze politiche. Sono sicuro che il malessere sociale espresso dal voto
delle amministrative, non si recuperi con la modifica della legge
elettorale. Non è il momento degli accorgimenti, servono politiche vere
per la crescita, il lavoro, le periferie».
Chi chiede di cambiare
l’Italicum però denuncia una questione di sistema, Se il sistema non
funziona anche le politiche di governo sono meno efficaci.
«Il
malessere sociale non è solo italiano, è un dato vero di tutti i Paesi
occidentali. Qualcuno dice che la divisione tra destra e sinistra non
esiste più ed è stata sostituita dalla frattura tra sistema e
antisistema. Non è la mia opinione. Il Pd non è il partito che difende
il sistema e non lo è la leadership di Renzi. Al contrario, il mio
partito accetta di ridefinirsi ogni giorno per la sfida del cambiamento,
che vuole dimostrare che il cambiamento può stare nella politica. A
partire dalle riforme».
Se perde il referendum, che succede al Pd e al governo?
«Non
voglio entrare in prerogative che non mi competono. Ma non avrei dubbi:
se vince il No significa che c’è un contrasto profondo tra la volontà
del Parlamento e gli elettori. E che facciamo, cambiamo gli elettori?».
Cambiamo il Parlamento, dunque...
«La
lettura, dal mio punto di vista, sarebbe inequivocabile. Le difficoltà
del ceto medio derivano dalla tenaglia che lo stringe tra politiche del
mercato globali e risposte dei governi nazionali obsolete, inadeguate.
Le riforme sono il tentativo delle istituzioni di ridefinirsi rispetto
ai tempi».
Ma il No e il Sì nei sondaggi sono vicinissimi.
«Io sono ottimista. Negli italiani prevarrà il desiderio di cambiamento ».
Se Renzi perde lascerà la politica?
«Lo
deciderà lui. Ma penso sia impossibile suggerire a uno come lui una
soluzione del tipo: anche se perdi, tiri a campare. Non può essere così.
Detto questo, chi pensa che la sua leadership sia una parentesi, che
dopo di lui si tornerà alla vecchia ortodossia, a una presunta normalità
si sbaglia di grosso».
Vuole dire che rimarrà in campo?
«La
sua leadership non verrà messa in discussione quale che sia il
risultato del referendum. E Renzi dovrebbe continuare a esercitarla. Non
nego errori e limiti, ma se Renzi, che è il contrario del capo
plastificato descritto da Cuperlo, fa percepire di più la dimensione
umana, la passione, il messaggio sulle riforme passerà».