venerdì 8 luglio 2016

Repubblica 8.7.16
Il risiko delle correnti grilline così si sono spartiti il potere
Per la giunta la Raggi ha dovuto fare i conti con i “gruppi d’influenza” Ultimo braccio di ferro sulla Morgante: il tandem Lombardi-De Vito la vuole capo di gabinetto, la sindaca frena. Taverna ha indicato Muraro, Di Battista sponsor di Berdini
di Giovanna Vitale

ROMA. Segna ancora mare in tempesta l’ondometro a bordo della corazzata a 5 stelle che ha espugnato il Campidoglio.
Nonostante il varo della squadra, il gorgo di correnti che — ancor prima di salpare — ha rischiato di risucchiare Virginia Raggi, è tuttora in piena attività. E cela un nuovo, insidiosissimo scoglio: la nomina del capo di gabinetto a Palazzo Senatorio. Incarico in principio affidato alla strana coppia Frongia-Marra — fedelissimo il primo, alemanniano il secondo — poi affondato dalle polemiche e dal niet di Grillo. Una poltrona che, in base al Manuale Cencelli applicato per comporre la giunta romana, decisa da un mini-direttorio, è stata promessa a Daniela Morgante: viceprocuratore della Corte dei Conti e già assessore al Bilancio nel primo Marino.
È su di lei che si sta consumando l’ultimo scontro interno al Movimento. Che vede la neosindaca contrapposta al tandem Lombardi- De Vito. Non si fida, la Raggi. Considera la giudice contabile una serpe in seno, la donna che potrebbe controllarla per conto degli storici avversari. Perciò ha deciso di rinviare la nomina, affidando l’interim a una dirigente comunale. Un modo, anche, per lanciare un messaggio, tentare quello scarto di autonomia che finora le è sempre mancato. Ostaggio di un gruppetto di parlamentari che le hanno legato le mani, costringendola ad accettare in giunta e nello staff innesti non sempre graditi. Al punto da indurre Luigi Di Maio a scendere di nuovo in campo per sminare il terreno: «Questa squadra segna un passaggio fondamentale per il Movimento», ha avvertito ieri il candidato premier in pectore, consapevole che dal successo della Raggi dipende molto del suo futuro politico: «Per noi ci sono quelli che hanno distrutto il Paese e quelli che hanno provato a migliorarlo. Questi ultimi si facciano avanti e lavorino con noi perché non abbiamo pregiudizi».
Se c’è qualcuno che fin dall’inizio ha tentato di fermare la marcia trionfale di Virginia su Roma, senza arrendersi neppure davanti all’evidenza, quella è Roberta Lombardi. L’influente deputata che ha praticamente fondato i 5 stelle nella capitale, è legata politicamente a Marcello De Vito: candidato sindaco nel 2013 contro Ignazio Marino e poi in corsa alle Comunarie di febbraio, dalle quali è uscito però sconfitto per mano della Raggi. Una batosta che i due non hanno mai digerito. Condita da un’antipatia del tutto ricambiata. La neosindaca s’è infatti rifiutata di nominare De Vito suo vice in giunta, nonostante la mediazione proposta da Alessandro Di Battista. Lui si è dovuto accontentare della guida dell’Aula Giulio Cesare. Mentre Lombardi, membro del mini- direttorio, si è vendicata mettendo il veto su vari assessori suggeriti dalla prima cittadina.
È lui il vero stratega della giunta Raggi. Quello che più si è speso per placare la guerra fra correnti. Prima ha piazzato alle Politiche sociali Laura Baldassare, fedelissima di Vincenzo Spadafora, l’ex garante dell’Infanzia che alla Camera è suo responsabile delle Relazioni Istituzionali. Poi ha convinto il dirigente Consob Marcello Minenna ad accettare l’assessorato a Bilancio e Partecipate. Un nome amato pure dalla Lombardi e da altri parlamentari grillini, con il quale il super-tecnico ha collaborato, su input di Milena Gabanelli.
Anche Paola Taverna, senatrice e membro del mini-direttorio, ha voluto metterci lo zampino. È sua l’idea, il cui copiright appartiene però al compagno Stefano Vignaroli, anche lui parlamentare, di chiamare all’Ambiente Paola Muraro. Come sua è l’indicazione di Luca Bergamo alla Cultura, dopo una telefonata ricevuta da un eurodeputato M5S, che lo aveva conosciuto a Bruxelles.
È stato il primo a credere nelle capacità di Virginia Raggi. Il primo a sostenerla, per poi defilarsi, forse spaventato dalla guerra fra correnti. Di certo Paolo Berdini, designato all’Urbanistica, è roba sua: da storico collaboratore del gruppo 5 stelle alla Camera, l’ingegnere nemico dei palazzinari ha stretto un rapporto molto solido con Dibba. E poi col vicesindaco Daniele Frongia, cui ha fatto da consulente nella stesura del suo libro “E io pago”.
C’è pure un rappresentate di Casaleggio nel governo romano: Adriano Meloni, fino al 2008 ad di Expedia, azienda leader nel settore dei viaggi online, che fino al 2009 ha prodotto alcune edizioni del rapporto annuale sull’ecommerce e lo stato della rete assieme proprio alla società fondata da Gianroberto. Stimato molto da Casaleggio senior, è molto amico di Davide, che lo ha voluto in giunta.