Repubblica 7.7.16
Cosa fare per salvare Mps
di Ferdinando Giugliano
LA
CRISI bancaria italiana è entrata nella sua fase più acuta. Nonostante
le rassicurazioni offerte dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio
Visco, le turbolenze sui mercati in seguito alla decisione della Gran
Bretagna di uscire dall’Ue hanno colpito in maniera particolare i nostri
istituti di credito, gravati da centinaia di miliardi di prestiti
andati a male.
Monte
dei Paschi di Siena è sprofondato in Borsa, obbligando il governo a
cercare soluzioni d’emergenza per evitare una crisi di fiducia nei
confronti della banca più antica del mondo. Anche la Banca centrale
europea è intervenuta, chiedendo a Mps di smaltire 10 miliardi di
sofferenze.
I
paletti tra cui l’Italia si muove restano stretti. Tra questi spiccano
le norme europee, che circoscrivono di molto il ricorso ai fondi statali
per i salvataggi bancari, e la fragilità delle nostre finanze
pubbliche, che impongono prudenza nell’adoperare i soldi dei
contribuenti.
Mps
ha però un peso nel nostro sistema finanziario ben maggiore rispetto a
quello delle quattro piccole banche salvate in autunno col contributo
degli altri istituti e degli obbligazionisti. Le difficoltà sui mercati
generate da “Brexit” rischiano di innescare effetti sistemici sul nostro
sistema bancario, che potrebbero travolgere l’economia italiana.
Davanti
a questa crisi, l’Italia arriva con le armi spuntate. Atlante, il fondo
salva-banche creato poche settimane fa, ha più che dimezzato il suo
capitale, dopo il salvataggio di due istituti in Veneto. Il governo sta
dunque pensando a rimpinguarne le risorse — coinvolgendo privati e la
Cassa depositi e prestiti — per metterlo in condizione di aiutare le
banche a liberarsi dai crediti deteriorati, acquistandoli a prezzi
maggiori rispetto a quelli offerti dal mercato.
Una
soluzione di questo tipo avrebbe il vantaggio di non cozzare contro le
regole europee sugli aiuti di Stato. Ma il rischio è che Atlante, nato
per sorreggere il mondo, possa finire per essere schiacciato, insieme a
chi vi contribuisce, sotto il peso sempre maggiore delle operazioni che
gli vengono richieste. Non è poi detto che comprare crediti deteriorati a
prezzo maggiorato serva a far partire un circolo virtuoso in cui gli
altri compratori decidano improvvisamente di alzare le loro offerte. Il
sacrificio di Atlante rischierebbe così di essere vano.
L’alternativa
più realistica è dunque che Mps accetti il valore reale delle sue
sofferenze e si ricapitalizzi per sostenere le perdite messe a bilancio.
La situazione patrimoniale del Monte è infatti già molto fragile, come
dovrebbe attestare lo stress test dell’Autorità bancaria europea che si
concluderà a fine luglio.
In
un mondo ideale, ci sarebbero investitori privati pronti a entrare come
nuovi investitori in Mps. Ma dopo le fortissime perdite in Borsa di
questi mesi, è difficile immaginare che si palesino cavalieri bianchi
all’orizzonte. E date le dimensioni della banca, è legittimo che si
ragioni sull’opportunità di un intervento pubblico nel suo capitale.
La
buona notizia è che le tanto bistrattate norme sulla risoluzione
bancaria lasciano degli spazi perché lo Stato possa ricapitalizzare Mps.
La “Bank Recovery and Resolution Directive” (Brrd) permette infatti
agli Stati membri di entrare nel capitale di un istituto in seguito ad
uno stress test negativo.
Questo
tipo di intervento avrebbe il vantaggio di risparmiare gli
obbligazionisti ordinari dal rischio del cosiddetto “bail in”. Gli
obbligazionisti subordinati, che hanno sottoscritto titoli che vengono
convertiti automaticamente in azioni in caso di crisi bancaria,
continuerebbero invece ad essere penalizzati.
Vi
è inoltre l’ipotesi che l’Italia possa strappare un’ulteriore eccezione
per ragioni di stabilità finanziaria, che tuteli anche gli
obbligazionisti junior. Questa deroga non è però mai stata applicata e
potrebbe creare discrepanze con altri Paesi. Sarebbe opportuno che la
Commissione europea e la Banca centrale europea collaborassero più
strettamente, come auspicato in settimana dal banchiere centrale Ignazio
Angeloni, per stabilire se esistono margini per quest’eccezione.
L’Italia
deve comunque prepararsi all’ipotesi che un intervento soltanto su Mps
possa non essere abbastanza. Diversi operatori di mercato ritengono le
banche italiane abbiano un buco di capitale complessivo di circa 40
miliardi. Una soluzione potrebbe essere fare ricorso ai soldi del fondo
europeo salva-Stati, attraverso una ricapitalizzazione diretta delle
banche, che però richiederebbe un elemento di “bail in”.
Un
eventuale intervento statale a sostegno delle banche non può né deve
essere considerato, comunque, risolutivo. Monte dei Paschi è passata
attraverso diversi salvataggi, nessuno dei quali è riuscito a rimettere
la banca sulle sue gambe. La sfida è migliorare la competitività dei
nostri istituti, riducendone i costi, partendo dalla chiusura degli
sportelli in eccesso.
Allo
stesso tempo, un’eventuale “bail out” non dovrebbe essere visto come
una sconfessione sul “bail in”. I due strumenti possono convivere,
utilizzandoli in maniera intelligente a seconda delle situazioni. Come
ha insegnato la crisi finanziaria, a pagare non può essere sempre e solo
il contribuente.