giovedì 7 luglio 2016

con i nostri soldi...
La Stampa 7.7.16
Vertice su Mps
Oggi si decide l’aumento di capitale
Un’operazione verità sui crediti 
di Mario Deaglio 

In poco più di una settimana, la quotazione della maggior banca tedesca - regolarmente quotata anche alla Borsa di Milano - è scesa di oltre il 20 per cento, rispetto all’estate del 2015 ha perso circa il 60 per cento. Sempre in poco più di una settimana, il prezzo delle azioni della seconda banca britannica sono crollate, non solo per effetto della caduta della sterlina. Queste autentiche frane finanziarie potrebbero avere conseguenze molto gravi per l’intera finanza globale, eppure i principali «media» economici del mondo puntavano ieri il dito pressoché unicamente contro le debolezze, sicuramente molto serie ma altrettanto sicuramente non così strategiche, del sistema bancario italiano, spesso scordando che quello che conta non sono i 300 e più miliardi di sofferenze «lorde», bensì le sofferenze «nette», sugli 80-90 miliardi (le altre sono già state «assorbite» dai bilanci delle banche).
Siamo di fronte a un comportamento irrazionale e fortemente emotivo della finanza internazionale, a una sorta di rimozione dei rischi sistemici derivanti dall’esito - che la stessa finanza internazionale non aveva previsto - del referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea. Per questo, le vicende bancarie italiane sono una sorta di «diversivo» per non sottolineare troppo altri problemi, un diversivo che rischia di far aumentare sensibilmente i problemi economici dell’Italia. Il problema delle sofferenze bancarie ossia dei crediti concessi a imprese e famiglie successivamente diventate insolventi, ossia incapaci di restituirli nei tempi e nei modi stabiliti, va affrontato con molta maggiore pacatezza e trasparenza a livello italiano ed europeo.
Per anni, le banche sono state regolarmente sgridate da più parti per avere un cuore di pietra, ossia per negare crediti vitali a imprese in difficoltà. Ora si scopre che spesso hanno avuto il cuore fin troppo tenero e che una parte significativa dei soldi prestati ha difficoltà a essere restituita. A questo punto occorrerebbe un’indagine che fornisse una mappa delle sofferenze attuali con l’indicazione di come sono distribuite tra famiglie e imprese, tra i diversi settori produttivi, tra le varie regioni e province italiane. È già noto che prevalgono le imprese grandi e medio-grandi e proprio per questo l’atto privato della concessione di credito si scontra con il problema pubblico di definire priorità di crescita economica, un problema che ai politici di ogni tipo sembra proprio non interessare.
Le banche hanno sicuramente sbagliato ma altrettanto sicuramente non hanno sbagliato da sole. Non si può escludere che il passaggio dalla vigilanza bancaria nazionale a quella europea stia avvenendo in maniera troppo rapida e che l’applicazione delle regole europee proceda in maniera troppo meccanica. Occorre però ammettere che in molte occasioni le imprese maggiormente assetate di credito sono state quelle che di credito erano meno meritevoli. E molto spesso le banche si sono trovate di fronte un’opinione pubblica ostile in caso di diniego o di riduzione dei fidi bancarie; e il credito «cattivo» ha scacciato quello buono, le risorse impiegate per allontanare, purtroppo spesso solo temporaneamente, l’ombra del fallimento di un’impresa non hanno potuto essere assegnate ad altre imprese, i cui progetti avrebbero meritato di trasformarsi in realtà.
In questo contesto occorrerebbe interrogarsi sulle molte ragioni in cui i giovani italiani più intraprendenti hanno spesso scelto l’estero per iniziare un’attività imprenditoriale. La distribuzione di risorse alle imprese vecchie può aver tarpato le ali alle imprese nuove.
Il problema delle sofferenze bancarie italiane può essere risolto in maniera efficace con le risorse di cui il sistema - italiano, ed eventualmente europeo - dispone. A condizione, però, di non consentirne degenerazioni mediatiche e strumentalizzazioni politiche e di essere consapevoli che la pallida ripresa oggi in corso può consolidarsi solo con un uso attento del credito; di non essere travolti né dai «grandi giochi» della finanza mondiale né dai piccoli giochi» della politica italiana.