Repubblica 7.7.16
L’inchiesta che lo lambisce conta per gli effetti politici
La variabile Alfano nell’estate calda di Palazzo Chigi
La caduta del ministro trascinerebbe con sé l’intero governo
La partita è sulla legge elettorale e le resistenze di Renzi si stanno appannando
di Stefano Folli
NELL’ESTATE
rovente tutto s’intreccia. Lo sfondo è la crisi delle banche e i
tentativi reiterati di rovesciare sull’Italia le contraddizioni
dell’Europa nel dopo-Brexit. Tuttavia non c’è un caso italiano o almeno
non c’è ancora. La stabilità di Roma resta una priorità per l’Unione,
che non può subire altri scossoni dopo il referendum inglese. Eppure
questo dato di fatto abbastanza ovvio non basta a rasserenare l’opinione
pubblica né tantomeno a garantire una prospettiva tranquilla al governo
Renzi.
E
qui si crea l’incrocio con la vicenda Alfano. In condizioni normali
sarebbe una seria grana domestica, ma non una questione di vita o di
morte. Nella cornice entro cui siamo, con l’esecutivo logorato e un
autunno che si annuncia ricco di passaggi pericolosi, l’affare che
coinvolge sul piano mediatico il ministro dell’Interno si trasforma in
un segnale inequivocabile. È la spia da cui si capisce quanto il tessuto
politico del governo Renzi si stia sfilacciando. I guai di Alfano
diventano il termometro per verificare il livello di indebolimento della
maggioranza. Anche per questo è sorprendente la coincidenza fra la
tempesta sul ministro, principale alleato del premier, e la non felice
estate renziana. Come spesso capita, piove sul bagnato e talvolta la
pioggia non è casuale.
S’intende
che il merito dell’inchiesta in cui Alfano, va ricordato, non è
coinvolto, ma da cui è lambito, conta fino a un certo punto. Contano di
più gli effetti politici che si determinano. E il gioco delle
convenienze. Nel caso di Maurizio Lupi, autorevole esponente del Ncd, le
sue dimissioni da ministro furono dettate, si disse, da motivi di
opportunità. Come dire che la sua permanenza nella compagine diretta da
Renzi avrebbe determinato un insostenibile imbarazzo. Idem per Federica
Guidi, vittima degli intrighi del suo compagno. In entrambe le vicende
ci si muoveva nel campo dell’etica, non del codice penale. E si riteneva
che le dimissioni avrebbero rafforzato l’esecutivo chiudendo la bocca
all’opposizione populista, Cinque Stelle e leghisti.
ORA
la situazione è rovesciata. La caduta di Alfano trascinerebbe con sé
l’intero governo. Quindi il Pd non esita a difendere l’alleato, pur
mettendo nel conto che in tal modo si offrono argomenti ai “grillini” e a
Salvini. Ma non c’è altra strada, nella speranza che il famoso
“generale agosto” arrivi presto a distrarre l’opinione pubblica. Ciò
nonostante, il sentiero verso l’autunno rimane impervio. Il partito di
Alfano è lacerato e un gruppetto di parlamentari vorrebbe, come è noto,
affrettarsi verso Forza Italia, dove pure in questi giorni prevale un
profilo prudente. In fondo era stato lo stesso ministro dell’Interno,
poche settimane fa, a rendere nota la sua intenzione di separare il
destino del Ncd da quello del centrosinistra renziano, così da ritrovare
uno spazio a destra. Operazione, certo, da perfezionare non adesso,
bensì con l’avvicinarsi delle elezioni politiche.
La
minaccia di Alfano da un lato lasciava intravedere la debolezza del
governo. Ma dall’altro era un modo per rimettere sul tavolo l’eterna
questione della legge elettorale. E in verità non si capisce quello che
sta avvenendo in questi giorni - e quello che potrà accadere d’ora in
avanti, fino al referendum costituzionale - se non si decifrano le
grandi manovre intorno all’Italicum. Le resistenze di Renzi in difesa
della legge sembrano diventare via via più formali che sostanziali.
Lasciando da parte le proposte di Franceschini, c’è da dire che il
vicesegretario Guerini, voce autorizzata da Palazzo Chigi, ha provato a
tranquillizzare Alfano garantendo che il “confronto” sull’Italicum è
sempre aperto. Potrebbe non essere sufficiente, se la crisi del Ncd
fosse più profonda di quel che sembra. E se i sondaggi sul referendum
continuassero a segnalare un vantaggio del No. Finora Renzi ha tenuto
unito il suo esercito con la prospettiva della vittoria. È facile
immaginare che accadrebbe invece se si delineasse la sconfitta. Anche in
questo caso, la vicenda Alfano sarebbe un indizio da non trascurare.