Repubblica 6.7.16
La virologa, deputata di Scelta Civica, era accusata di tentata epidemia: “Anni di inferno”
Traffico di virus prosciolta la Capua “Una vita sconvolta”
Ilaria Capua, 50 anni
«L’inchiesta
è partita nel 2004, il rinvio a giudizio 10 anni dopo, ora la fine
dell’incubo. Ho preferito andar via negli Stati Uniti.
La mia carriera politica distrutta, un gruppo scientifico smembrato: 41 persone fatte fuori dalle loro posizioni»
intervista di Elena Dusi
ROMA.
«Questa storia ha sconvolto la mia vita» racconta oggi Ilaria Capua,
virologa italiana di fama mondiale, dal suo ufficio alla University of
Florida. Oggi che il tribunale di Verona ha dichiarato il non luogo a
procedere per i reati di traffico internazionale di virus, tentata
epidemia, associazione per delinquere, abuso d’ufficio e concussione, la
scienziata e deputata di Scelta civica tira un amaro sospiro di
sollievo.
Il proscioglimento di ieri chiude la storia di un
processo per un presunto traffico di virus animali iniziato nel 2004
(all’epoca dell’epidemia di influenza aviaria) e arrivato alle richieste
di rinvio a giudizio nel 2014. Tutto però era nato ancora prima, nel
1999, quando un dirigente dell’azienda produttrice di vaccini Merial era
stato indagato dall’Homeland Security negli Usa perché sospettato di
aver ricevuto alcuni virus di aviaria nella sua casa di Cesena senza
aver seguito le procedure di sicurezza. Gli Usa avvertono Roma, che nel
2004 avvia le indagini. Nel 2014 il processo viene spacchettato tra
Verona, Padova e Pavia. Coinvolge 41 imputati fra virologi, responsabili
di aziende produttrici di vaccini e veterinari legati
all’amministrazione pubblica. Il bilancio di oggi: archiviazioni,
prescrizioni, proscioglimenti per tutti i reati.
Qual è il bilancio per lei?
«La
mia carriera politica distrutta, un gruppo scientifico di prim’ordine
smembrato. Io mi sono trasferita qui in Florida, il mio braccio destro
lavora a Vienna. Quarantuno persone perbene indagate e fatte fuori dalle
loro posizioni senza troppi complimenti, le parcelle degli avvocati.
Sono contenta che sia finita, non ne potevo più di questa storia. Che
comunque mi ha insegnato molto».
Cosa?
«Che bisogna stare molto attenti al telefono».
La vostra inchiesta era molto basata sulle intercettazioni. Cosa ha detto lei per procurarsi sospetti così gravi?
«Una
persona che conosco da vent’anni, tanto amico da aver regalato a mia
figlia il suo orsetto preferito, lavora in una ditta che produce vaccini
per animali da allevamento. In una frase ha detto “per quello che hai
fatto la mia azienda dovrebbe regalarti un villino su un’isola greca”.
Ma quale villino? Era così evidente che si trattava di una battuta».
Le accuse di traffico internazionale di virus da dove possono essere nate?
«Non ne ho idea». Per fare ricerca, è normale far iaggiare campioni di virus?
«Sì, ma esistono procedure rigorose da seguire».
E vengono seguite? Il caso della Merial sembrerebbe nato da una spedizione irregolare.
«Vengono rispettati, da quel che so».
Cos’altro ha imparato?
«Che
l’Italia non è un paese per persone intraprendenti. Io di cose ne ho
fatte tante. All’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie ho
preso un gruppo di 5 persone e l’ho portato a 70. Ho avviato una
carriera politica e sono finita come un’anatra zoppa, con i 5Stelle a
chiedere le mie dimissioni».
Perché il rapporto fra magistratura e scienza a volte è così problematico?
«Perché
la scienza tratta problemi complicati. Io studio le epidemie degli
animali da 30 anni e ancora ho tanto da capire. Bisogna che la
magistratura sia affiancata da figure professionali al di sopra delle
parti. Possibilmente straniere, viste le faide e le fazioni che esistono
in Italia».
Come si trova oggi in Florida?
«Vivevo al
centro di Roma, sono finita in mezzo ad autostrade a quattro corsie. Ma
dirigo il centro di eccellenza “One Health” alla University of Florida.
Qui hanno avviato una campagna di reclutamento di 65 alte
professionalità in tutto il mondo e in ogni disciplina. Un po’ come si
fa nel calcio per mettere insieme la squadra migliore. Collaboro ancora
con l’Europa e con l’Italia».
Suo marito, che pure è stato coinvolto e nell’inchiesta senza conseguenze, cosa fa?
«Continua a lavorare in Scozia, ma non voglio parlare della mia famiglia».
Di cosa si occupa in Florida?
«Di Zika e di un’epidemia dei volatili diffusa in Etiopia».
Nel
2006 fece clamore la sua decisione di rendere pubblico il Dna del virus
dell’aviaria. Oggi la scienza è più aperta, anche grazie al suo gesto?
«Sì, è molto più aperta, ma ancora non basta. Ho appena spedito una lettera a Nature perché su Zika bisogna collaborare di più».