Corriere 6.7.16
«Prosciolta, ma la ferita non se ne andrà»
La scienziata Capua era accusata di traffico di virus. Si è già trasferita negli Usa
di Gian Antonio Stella
«Il
fatto non sussiste», l’accusa di diffondere il virus dell’aviaria per
fare soldi con l’offerta di un vaccino era infondata. Ventisei mesi dopo
essere stata indicata tra i protagonisti di un’inchiesta sugli affari
illeciti sulla pelle di pazienti, Ilaria Capua, fino a due anni fa vanto
della scienza italiana (ora si è trasferita in Florida), è stata
prosciolta. «Mi sento sfregiata. Come se mi avessero buttato addosso
l’acido».
«Mi sento sfregiata. Come se mi avessero buttato addosso
l’acido. E certe ferite non se ne vanno...». Ventisei mesi dopo esser
stata sbattuta in prima pagina da l’Espresso sotto il titolo
«Trafficanti di virus», dove veniva additata tra i protagonisti di
un’inchiesta sui business infami sulla pelle di persone innocenti,
Ilaria Capua, fino a due anni fa un vanto della scienza italiana, ha
appena ricevuto la notizia che il giudice per le indagini preliminari di
Verona l’ha prosciolta «perché il fatto non sussiste». No, non voleva
diffondere il virus per fare soldi dall’offerta di un vaccino. Un
verdetto giunto al termine di un’indagine partita da Roma e spacchettata
un po’ qua un po’ là per finire, a Verona, tra le mani del pm Maria
Beatrice Zanotti.
Meglio tardi che mai, dice il proverbio. E forse
per lei è così. Troppo tardi per l’Italia, però. Troppo tardi per la
nostra ricerca scientifica. Troppo tardi per un Paese che, come ha
scritto Paolo Mieli a proposito di questa vicenda di giustizia
paralizzata quindi ingiusta, «detesta la scienza»... La «nostra»
ricercatrice, la prima ad avere isolato il virus H5N1 (la «nasty beast»,
cioè la brutta bestia, dell’influenza aviaria umana), la prima a dire
no alle offerte milionarie delle case farmaceutiche per mettere
(gratis!) la sua scoperta a disposizione su «GenBank» di tutti gli
scienziati del mondo tra lo stupore ammirato di colleghi e giornalisti
scientifici, la prima donna e primo ricercatore sotto i sessant’anni a
vincere il «Penn Vet World Leadership Award» cioè il riconoscimento più
importante del pianeta per le discipline veterinarie, non è più
«nostra». Se ne è già andata. Da tre settimane. A dirigere un
dipartimento d’eccellenza all’Emerging Pathogens Institute
dell’Università della Florida. Un posto in pieno sole, dopo due anni di
buio.
Li aveva avvertiti, gli americani, dell’inchiesta in corso?
«Ovvio. Ma lo sapevano già. Ne avevano parlato tutti. Anche Science ».
E loro?
«Mi
hanno risposto che conoscono bene la mia storia e che le accuse erano
così assurde da non essere di loro interesse. Era una faccenda chiusa da
anni, in America. Avevano fatto delle verifiche. Ero appesa da due anni
a una inchiesta di cui non avevo notizie. Non ne potevo più. Mi sentivo
un’anatra zoppa. Impotente. Nel vuoto. Mi son detta: e se vanno avanti
altri dieci anni? Aspetto altri dieci anni la chiusura delle indagini?».
Ha potuto parlare con i magistrati?
«Mai.
Dal primo giorno a oggi, quando mi hanno chiamata gli avvocati Armando e
Tiburzio De Zuani di Verona per dirmi che era finita: mai».
Due anni pesanti...
«Un
giorno arriva una mail da Lirio Abbate dell’ Espresso : “Posso farle
qualche domanda?” Pensavo fosse per Ebola. Gli mando il telefono, mi fa
tre domande. E mi ritrovo in copertina: “Trafficanti di virus”. Con le
intercettazioni perfino di telefonate con papà, che era appena morto.
Una mazzata alla nuca».
Sorpresa totale?
«Totale. Anche se
si trattava di accuse senza senso, non avevo più il coraggio di uscire,
di andare dal fruttivendolo, di girare per il paese padovano dove
vivevo. La testa che girava, conati di vomito... Mi avevano imputata di
reati gravissimi. Che prevedevano l’ergastolo. Dico: “Se pensi che io
possa andare ad avvelenare un acquedotto, arrestami! Se pensi che sia
pericolosa, mettimi le manette!” Invece mi ritrovavo addosso reati
pesantissimi, “al fine di commettere una pluralità indeterminata di
delitti di ricettazione, somministrazione di medicinali in modo
pericoloso per la salute pubblica, corruzione, zoonosi ed epidemia…”.
Praticamente ero un mostro. Ma intorno non si muoveva niente. Niente.
Una bolla di silenzio. Giorno dopo giorno. Silenzio. Giorno dopo
giorno».
E in Parlamento, dov’era stata eletta con Mario Monti?
«Alcuni,
di destra e di sinistra, mi rincuorarono: “Sono accuse che cadranno”.
Altri mi linciarono. Come in commissione cultura dove il grillino
Gianluca Vacca mi aggredì con una violenza... Scoppiai a piangere. Lì,
in commissione, davanti a gente che conoscevo appena. Un’altra grillina,
l’onorevole Silvia Chimienti intimava sulla sua pagina Facebook:
“Traffico illecito di virus. Nel dubbio dimettiti!”. Di colpo ero una
appestata».
Certi furono ancora più duri, come i frequentatori
della pagina Facebook «noivotiamoM5S». Le rileggo qualche commento: «Poi
la fanno ministro della sanità, troia». «Grandissima zoccola!» «Se la
notizia fosse vera, meriterebbe di iniettarglielo a forza il virus...»
«Hija de puta». «Iniettatela a lei!!!!» «Alla gogna!!!!»
«Non volevo neppure vederli, quei commenti. Li ho letti dopo. Odio puro. Odio. Sul niente».
Querele in arrivo, adesso?
«Vediamo.
L’Espresso l’avevo querelato subito. Ma in questo momento mi devo prima
di tutto “de-comprimere”. Troppa tensione accumulata. Vorrei tornare a
dormire, finalmente».
Si aspetterà almeno delle scuse.
«Mah… Lei crede?».
Ma si è fatta almeno un’idea del perché divampò questa inchiesta?
«Mi
sono fatta delle domande, questo sì. So che era un’indagine che
riposava in qualche cassetto dal 2004. E che, come dicevo, era stata
archiviata dagli Stati Uniti. Non so, forse qualcuno non mi voleva
bene».
Fatto sta che è rimasta due anni a bagnomaria.
«Ogni tanto, dal silenzio immobile, arrivava una frecciata. E io lì, come San Sebastiano. Impotente».
Ma l’ha visto almeno, il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo che avviò l’inchiesta?
«Mai. O meglio, nel 2007 ma per un’altra faccenda. Dove mi ero presentata per rendermi utile».
Ma in questi due anni?
«Mai».
Altri magistrati, forse?
«Mai».
Quindi non è mai stata interrogata…
«Mai».
Tornerà, un giorno o l’altro, dall’America?
Silenzio.
«Gli amici mi mancano già. Molto. Però… Certo, una cosa, amara, l’ho
imparata. Da un giorno all’altro puoi vederti rovesciare la vita.
Chissà, magari succede anche in senso positivo...».