mercoledì 6 luglio 2016

Repubblica 6.7.16
Pusher e punkabbestia, il Lungotevere dei dannati
Viaggio sotto le arcate della capitale invisibile che ha inghiottito il giovane americano. E che, tra rifiuti e siringhe, è la casa degli ultimi “maledetti”
Un labirinto notturno di degrado e alcol a pochi euro che la politica ignora da anni
di Carlo Bonini

ROMA. Beau Solomon se ne è andato per sempre dove il Tevere divide i vivi, la riva destra, dai morti, la riva sinistra. Sotto le arcate di un ponte intitolato all’eroe dei due mondi, Garibaldi, che tra due mondi oggi fa da Caronte. Il labirinto notturno dell’autismo alcolico chiuso tra piazza Sonnino, piazza Trilussa, piazza de Renzi e San Calisto. E la banchina dei punkabbestia, sulla verticale di Lungotevere dei Vallati, una spianata di cartoni, feci, piscio, siringhe, sbaffi di vomito, fornelli da campo, resti di cibo, su cui affaccia il ministero della Giustizia e dove donne, uomini e cani svoltano la vita come viene.
Beau Solomon, ragazzone del Wisconsin, non sapeva, nulla poteva sapere della ferocia silenziosa, del carico di rancore e solitudine che, ogni notte, cova in questa triste Sodoma de noantri e che come carta moschicida attira a migliaia le “bar fly” di tutta Roma. Coatti e professionisti, pischelli e falene di mezza età, pakistani con le rose in mano, americani e inglesi in infradito, pusher nordafricani, accatastati in una malinconica tonnara che di trasgressivo, al netto dell’elevata concentrazione ormonale, ha soltanto il prezzo degli shottini di vodka (2 euro), quello delle birre (sei a 10 euro), la pisciata dietro il fontanone dei Cento Preti, le croci uncinate di un traffico notturno regolarmente impazzito sotto lo sguardo rassegnato di qualche vigile urbano e dell’ambulanza di guardia parcheggiata di fronte a Ponte Sisto. Beau Salomon, soprattutto, non poteva sapere che, nell’agosto di quattro anni fa, su quel Ponte sotto cui sarebbe stato finito a calci o a colpi di sanpietrino, questo ancora non è chiaro, la morte e i punkabbestia si erano già dati appuntamento una prima volta.
Lei si chiamava Peggy. Peggy Mink. Aveva 26 anni, era tedesca, e della punkabbestia aveva non solo le stimmate estetiche, il piercing, l’ecopelle consunta, i sandali, i capelli di stoppa, ma anche la vita randagia fatta di accattonaggio, alcol, ketamina. Era volata giù a piombo dalla spalletta di Ponte Garibaldi, Dio solo sa perché o come. Forse perché stordita dalla droga, dall’alcol, o da tutte e due. O forse perché soltanto disperata. La notte successiva, il suo uomo, uno spagnolo che si faceva chiamare Pedro, si era lanciato nel vuoto per raggiungerla, senza riuscirci. Il Tevere lo aveva risparmiato. Misericordia che non ha avuto con Beau.
Dicono che “Max”, l’assassino, se ne sia tornato a dormire nel suo fetido antro dopo aver sistemato quell’americano che lo aveva svegliato mentre rincorreva chi gli aveva rubato il portafoglio. E c’è da ritenere che la ricostruzione abbia una sua verità. Che sia stato proprio quell’improvviso risveglio da bestia a trasformarlo in un omicida. E c’è da crederlo perché se parli con i poliziotti che, ciclicamente, scendono notte tempo su quella riva sinistra del fiume per ripulirla dei suoi detriti umani, il racconto è quello della furia che incendia la disperata convivenza tra gli ultimi degli ultimi. «La notte – dice il vicequestore Sangiovanni del commissariato Trevi – è il momento più difficile. Su quella banchina di Ponte Garibaldi si ritrovano punkabbestia, immigrati clandestini, spacciatori, e le risse scoppiano per uno sguardo o una parola di troppo. Un piede che urta un cartone o una bottiglia, un gesto di insofferenza per i cani». Che dei punkabbestia sono pesce pilota e protesi. Fino a quando non diventano brevi di cronaca. A Trastevere, sempre lì, un anno fa, per aver azzannato una turista ultrasettantenne. Al Tiburtino, due anni fa, perché vittime della vendetta degli spacciatori. Il padrone non intendeva saldare un debito di droga. Il pusher siriano gli massacrò il cane a calci e bastonate.
Fantasmi di giorno, zombie di notte, i punkabbestia non sono poi così tanti. Qualche decina. In inverno capita di trovarli al riparo del colonnato del Pantheon. In estate scendono al fiume. Perché lì la notte è meno afosa, l’accattonaggio o il furto più redditizi, l’alcool a buon mercato. E quando al mattino arrivano gli addetti dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti, con le mascherine e il disinfettante a spruzzo, si spostano di qualche centinaio di metri o anche qualche chilometro. A nord, verso le banchine di Ponte Mazzini. A sud, verso il Ponte di ferro.
Nel 2014, Orlando Corsetti, allora consigliere comunale del Pd e già presidente del primo Municipio provò a scuotere Ignazio Marino “il marziano”. «Dov’è il sindaco? Possibile che non veda cosa è ridotto di notte il rione Trastevere? ». Chiese il presidio fisso di militari di leva, misure contro il dumping dei prezzi degli alcolici. Venne sepolto dalle pernacchie dei compagni di partito e dalle parole alla camomilla dell’allora sindaco: «Si tratta di individuare misure sagge ed equilibrate che permettano lo svago a quanti lo desiderano nel rispetto dei diritti, tra questi quello al riposo, dei residenti». Si passò oltre, Marino cadde, arrivò Tronca il commissario. Poi, Max e Beau si sono urtati.