mercoledì 6 luglio 2016

Repubblica 6.7.16
A Siena torna la paura “Il nuovo crollo del Monte brucia soldi, lavori e fiducia”
Dipendenti e cittadini fanno i conti con la crisi dell’istituto e il fallimento è ancora considerato una ipotesi estrema da non prendere nemmeno in considerazione
di Walter Galbiati

SIENA. Quando quattro giorni fa il cavallo della Lupa ha tagliato il traguardo vincendo il palio dopo un digiuno di ventisette anni, nessuno immaginava che una lettera da Francoforte avrebbe di nuovo gettato ombra sui conti del Monte dei Paschi. «Io sono solo un girasterzi - sospira l’autista di un autobus fermo in piazza Gramsci – ma nessuno in città si sorprende più di nulla ». Sul retro si legge in grande: “Prossima fermata benessere”. Il consiglio sono le Terme Antica Querciolaia. Non certo la piazza che sta a quattrocento metri da qui: piazza Salimbeni, sede dell’istituto toscano che deve svuotare il bilancio di 10 miliardi di prestiti che alcuni suoi clienti non riescono a saldare.
I dipendenti alle sette di sera escono alla spicciolata dal portone, ma negano perfino di lavorare in banca. Una ragazza bionda, abbronzata, si volta e sorridendo invoca il segreto professionale. Non una voce che voglia commentare una notizia. Forse perché a pagare il conto, lo sanno, potrebbero essere i piccoli risparmiatori: chi ha comprato azioni oppure obbligazioni subordinate. Il Monte dei Paschi deve svuotare il bilancio dei prestiti deteriorati e forse affrontare l’ennesimo aumento di capitale, altrimenti rischia di finire come Banca Etruria. E se per le quattro banche (Etruria, Carichieti, Marche e Ferarra) il risparmio a rischio, che sembravo astronomico, era di 700 milioni di euro, ora lo è ancor di più, si parla di 6 miliardi di bond, due terzi dei quali in mano a investitori non istituzionali, un termine finanziario per definire pensionati, impiegati, artigiani e forse operai che credevano di comprare azioni e titoli sicuri.
Perfino Diego Chiavistrelli, che è stato direttore di filiale per 25 anni per poi passare all’ufficio centrale dove si occupava di incassi, bonifici e pagamenti, credeva che lo fossero. «Come premio una tantum mi avevano intestato 3 mila azioni e come dipendente ci consigliavano di comprare altri titoli utilizzando il trattamento di fine rapporto». Nessuno ha mai avuto sospetti sui numeri del bilancio di Mps, ora finito sotto inchiesta della procura di Milano. «Io – spiega Chiavistrelli - ho pagato le azioni poco meno di quattro euro, oggi valgono 0,3 euro. Mi sono in parte salvato perché ho utilizzato il tfr per comprare casa, prima del crollo finale». Altri suoi colleghi sono rimasti invischiati, con la beffa ulteriore di finire a lavorare in una società esterna alla banca. «Anch’io lavoravo al back office, non ho perso soldi, ma il lavoro», spiega Roberto Minucci, senese di Siena: «La banca per rimettersi in piedi e contenere i costi ha deciso di esternalizzare alcune funzioni e sono passato in una società satellite chiamata Fruendo con vari demansionamenti ».
A Siena non si prende nemmeno in considerazione il possibile fallimento del Mps, pesa di più non lavorare dentro l’istituto di credito. Uscire significa lasciare un meccanismo percepito come eterno. Del resto la banca è una delle più antiche al mondo e «i senesi non hanno mai voluto svegliarsi da questo sogno », spiega Massimo, mentre vende i suoi libri usati in Piazza Lizza. «Tra i senesi – aggiunge e la banca c’è sempre stato un rapporto di estrema fiducia, ai limiti tra trasparenza e segretezza. Andava bene a tutti». Chiunque a Siena ha avuto qualcosa dal Monte. Dopo cinque anni di traversie finanziarie si inizia però a sentire la mancanza di finanziamenti per il territorio. Lo sostiene Taxi 27, che nei suoi tragitti quotidiani deve evitare le buche che un tempo la magnanimità della Fondazione copriva, e Roberto, l’edicolante davanti a Rocca Salimbeni: «Ogni associazione chiedeva e otteneva qualcosa, non è più così». Nessuno però pensa mai che la banca porterà i libri in tribunale.
Il più preoccupato sembra il sindaco, Bruno Valentini che chiede un intervento dello Stato: «Occorrono soluzioni analoghe a quelle utilizzate per salvare le altre banche europee. Il governo intervenga a tutela di lavoratori e risparmiatori». «Il Monte vive da cinquecento anni, ha superato crisi peggiori, ma oggi c’è un regolatore ostile, contro tutto il sistema bancario italiano». La minaccia viene da fuori. E a Siena dove tutto è attorcigliato rischia di essere dirompente.