Repubblica 4.7.16
Lettera dall’Europa / Le Figaro
Istruzioni Su Brexit
di Nicolas Baverez
PER
L’EUROPA Brexit è il più importante rivolgimento politico dalla caduta
del muro di Berlino, e lo shock economico più violento dopo la crisi
dell’euro. Un caso di scuola tra gli eventi dirompenti, tanto
improbabili quanto estremi, che caratterizzano il nostro tempo. Da qui
la confusione e la necessità di contrapporre al caos la chiarezza di
analisi e strategie.
1. Brexit è irreversibile. È vero che solo il
36 per cento degli elettori iscritti si sono pronunciati per l’uscita
dall’Ue, con un voto inficiato dall’esclusione dei cittadini espatriati,
dopo una campagna dominata da menzogne e violenze, culminate
nell’assassinio di Jo Cox. Ma il ricorso al referendum era stato
approvato massicciamente dal parlamento, e il no all’Ue di 17,4 milioni
di britannici va rispettato. La petizione in favore di un secondo
referendum non è credibile, come non lo è il veto della Scozia, o il
rifiuto del parlamento di dar seguito al voto. Dunque non esistono
alternative a Brexit. Occorre organizzarlo, non tentare di negare la sua
realtà.
2. David Cameron è un pompiere piromane, perito
nell’incendio che lui stesso ha appiccato. Entrerà forse nella storia
come l’ultimo premier del Regno Unito nella sua integrità, prima della
sua scissione e dell’uscita dell’Ue.
3. Per il Regno Unito
l’inverno è alle porte. Sul piano politico, Brexit si è trasformato in
un Tea Party con effetti devastanti. Dopo le dimissioni di David Cameron
il partito conservatore si è lacerato, e Boris Johnson, che ha condotto
la campagna per Brexit senza crederci, si ritira. Quanto a Jeremy
Corbyn, che non ha fatto campagna ma ha sostenuto Brexit sottomano, è
alle prese con 172 deputati frondisti che contestano la sua leadership.
All’indomani del voto Nigel Farage ha spiegato che le promesse di Brexit
non saranno mantenute. Sul piano economico, il radioso futuro si
riassume nel degrado finanziario del Regno Unito, con la borsa a picco,
il crollo della sterlina e nuove minacce per il settore bancario. A
fronte della recessione che si profila, la sola opzione di politica
economica sarebbe stampare moneta provocando svalutazione e inflazione.
La rottura col partner che assicura metà del commercio estero, e con la
zona monetaria di cui la City era il cuore, comporterà da qui al 2030
una riduzione di 6-8 punti del Pil. Sul piano nazionale incombe la
minaccia di una secessione della Scozia.
4. Il divorzio tra il
Regno Unito e l’Unione non può che essere conflittuale. Dal momento che
Brexit è ineluttabile, non si può pensare a un rinvio. L’articolo 50
dovrà essere applicato dal nuovo premier fin dal settembre prossimo. Ma
il Regno Unito non può sperare in una situazione più favorevole di
quella di cui già godeva. Farà quindi di tutto per distruggere l’Unione
dalla quale si è autoescluso. Perciò serve il massimo di chiarezza sui
principi che presiederanno ai negoziati.
5. A un terremoto
politico, una risposta politica. Il contagio di Brexit si può contenere,
e le funzioni finanziarie finora assicurate dalla City possono essere
reintegrate. Ma la crisi esistenziale dell’Europa è grave. L’Unione deve
resistere ai populisti e ascoltare il messaggio dei cittadini, che
esprimono disperazione a fronte di una crescita stentata, di una
disoccupazione persistente, della disintegrazione del ceto medio, di
un’immigrazione anarchica e di problemi di sicurezza.
6. Per non
disintegrarsi, l’Unione deve ripensare se stessa. La riforma dell’Europa
passa attraverso politiche concrete su cinque priorità. Fermare
l’allargamento permanente per rifocalizzarsi sulla gestione dei rischi
collettivi e sui servizi da assicurare ai cittadini. Democratizzare e
semplificare il sistema decisionale. Rafforzare l’Eurozona attraverso il
coordinamento delle politiche economiche e la convergenza fiscale e
sociale. Rilanciare la crescita e l’occupazione. Riequilibrare economia e
politica dando vita a un’Unione per la sicurezza, col compito di
lottare contro il terrorismo, proteggere le infrastrutture, controllare i
confini interni trasformando Frontex in un vero corpo di polizia.
7.
Il Regno Unito lascia l’Unione ma rimane in Europa. Se non esiste più
un destino comune, resta una comunità di valori e di interessi da
preservare. L’Unione dovrà impegnarsi per evitare il ripetersi dei
tragici errori degli anni Trenta, che videro i democratici divisi di
fronte ai totalitarismi, e per difendere le conquiste di un’integrazione
portata avanti per sessant’anni, che restano un punto di forza
determinante di fronte alle sfide globali del XXI secolo.
L’autore
è editorialista del quotidiano francese “ Le Figaro” ( Traduzione di
Elisabetta Horvat) © LENA, Leading European Newspaper Alliance