lunedì 4 luglio 2016

Repubblica 4.7.16
Renzi: “L’Italicum non si può cambiare Sarebbe lunare lasciare la segreteria”
Oggi la direzione del Pd convocata per analizzare il voto nei comuni. Resa dei conti con la sinistra interna che senza chiarimenti è pronta a sostenere il no al referendum
di Giovanna Casadio

ROMA. Nessun tagliando al governo e al Pd, per ora. No a cambiamenti dell’Italicum, dal momento che «non vedo maggioranze per modificare la legge elettorale, non ho potere di vita o di morte, questa non è una dittatura ». No alla distinzione tra segretario del partito e premier, che è «un dibattito lunare ». No a scendere sul terreno di D’Alema che voterà contro nel referendum costituzionale di ottobre e, del resto, è uno che «parla spesso ma si sono visti i risultati in questi venti anni», non ha condotto in porto nulla. Renzi dà l’altolà, non cambia linea, non si straccia le vesti per la sconfitta alle amministrative, prevede il referendum costituzionale tra il 2 e il 30 ottobre. La Direzione del Pd, slittata a oggi causa Brexit, e che si tiene in un hotel accanto al “Botteghino” - la sede dei Ds quando il segretario era Piero Fassino - per accogliere i tanti partecipanti, è di scontro annunciato.
La sinistra dem ha pronto un documento, vedrà se presentarlo. Ma è un manifesto di denuncia sulle questioni sociali, sul disagio del paese, sulla riforma della scuola da rifare, sul reddito di povertà, sui pensionati. Renzi - che ha centellinato ieri le anticipazioni del discorso in Direzione, rimandando a quanto dichiarato nell’intervista a Sky Tg24 - ha il suo slogan: «Non perdiamoci in chiacchiere, c’è tanto da fare in Europa e nel paese». Se però il senso di marcia non prevede svolta, se tutto resterà com’è «dalle politiche sociali alle alleanze con Verdini all’Italicum, alla sottovalutazione della sconfitta alle comunali, allora va proprio male», denuncia Roberto Speranza. «Non ci infiliamo in un gioco a Monopoli in cui saremmo perdenti, ma è impensabile non prendere atto di quanto è successo », rincara Gianni Cuperlo. Pronti a prendere la parola in tanti oggi in Direzione, non solo i leader della sinistra dem Speranza, Cuperlo, Bersani. Anche Fassino, l’ex sindaco di Torino sconfitto dalla grillina Appendino, farà la sua analisi. Come Matteo Orfini, presidente del partito e commissario del Pd romano battuto dai 5Stelle. Andrea Orlando, Guardasigilli e leader della corrente dei “giovani turchi”, pensa di intervenire e Nicola Zingaretti, “governatore” del Lazio. Il Pd sta di nuovo cambiando pelle, con nuovi protagonisti che pressano. Maurizio Martina, ad esempio, attuale ministro dell’Agricoltura. Ma anche Graziano Delrio, l’altro volto del renzismo, dovrebbe oggi dire la sua.
Il segretario-premier ha fatto trapelare messaggi contraddittori. Sull’Italicum stesso, la blindatura non c’è. Nel “cerchio magico” renziano si scommette che di legge elettorale si parlerà dopo il referendum costituzionale e la sentenza della Consulta, tenuto conto che i moderati della maggioranza l’Itali-cum non lo vogliono. Non piace a Alfano, che minaccia persino la crisi di governo, né a Enrico Zanetti, leader di Scelta civica.
E poi c’è il capitolo referendum costituzionale su cui Renzi gioca la sua carriera politica. Massimo D’Alema, l’ex premier che a Renzi l’ha giurata, si è schierato per il No. Potrebbe venire a dirlo in Direzione. Se non ci saranno segnali di apertura e di dialogo, tutta la minoranza del resto assumerebbe un atteggiamento di “No passivo”: nessun impegno nella campagna serrata per il Sì. Che Renzi oggi tornerà a chiedere con la creazione di una rete capillare di comitati referendari e alcuni “volti” come testimonial, tra cui Jovanotti.
Sulla segreteria da rafforzare anche con alcune new entry nell’organizzazione, Renzi non ha fatto sapere nulla alle correnti. Il segretario-premier insisterà sulla necessità di remare tutti nella stessa direzione. Ieri ha parlato anche di banche: «Ho macigni da togliermi dalle scarpe sulle banche. A me non interessa difendere i banchieri, ma i bancari e prima ancora i correntisti ». Quindi: «Nessun nuovo patto del Nazareno».