Repubblica 3.7.16
Ma essere minoranza è una grande chance per il cristianesimo
È solo nella centralità del mistero che la religione si deve rigenerare. Non per coltivare di nuovo ambizioni di primato
di Vito Mancuso
Già
nel 1929 il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, teologo e scienziato,
scriveva: «La Chiesa continuerà a declinare finché non si sottrarrà al
mondo fittizio della teologia verbale, del sacramentalismo quantitativo e
delle devozioni eteree di cui ama circondarsi”. A distanza di quasi un
secolo il cardinale Carlo Maria Martini nell’ultima intervista
dell’agosto 2012 dichiarava: «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni
».
Molti altri teologi e teologhe hanno interpretato il nostro
tempo all’insegna di questo continuo declino della credenza e della
pratica ecclesiastica, un fenomeno sotto gli occhi di tutti se appena si
considera la condizione delle nostre chiese, che nel passato non
bastavano a contenere i fedeli e che ora sono spesso chiuse e quando
aprono raramente fanno il «tutto esaurito». Né la situazione migliora
per i monasteri, i conventi, i seminari e le cosiddette vocazioni. Il
fatto è che la condizione della religione istituzionale in Occidente è
una sola: la decadenza.
In questa prospettiva il dato veramente
sorprendente dell’inchiesta al centro di questa pagina non è che il 28
per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 29 anni si dichiari
non-credente, ma che vi sia ancora oggi nel nostro paese un 72 per cento
di giovani che dichiara di credere in Dio. Ma davvero? Così tanti? E
per quanto tempo ancora i credenti saranno maggioranza tra i giovani?
Ma
poi, è davvero così importante per la fede essere maggioranza? In
realtà il cristianesimo ha dato il meglio di sé quando era minoranza,
mentre i grandi numeri lo condussero all’abbraccio fatale con l’Impero
iniettandogli il virus del potere e trasformandolo da mite religione di
Gesù in apparato di controllo dei corpi e delle anime. Oggi il potere in
Occidente ha sempre meno bisogno della religione e anche per questo
essa perde consensi. Ma cos’è veramente in gioco in questa perdita? Una
scomparsa della spiritualità o un suo rinnovamento all’insegna della
libertà?
Homo sapiens è sempre stato homo religiosus, il pagano
Plutarco diceva che «la fede è innata nel genere umano sin dal suo primo
apparire». Perché questo legame tra religione e origine dell’uomo? A
questa domanda si può rispondere in due modi: 1) perché l’umanità era in
una condizione di immaturità, che però con il progredire della
conoscenza viene meno segnando la fine della religione; 2) perché
l’umanità è strutturalmente religiosa, sapiens produce sempre religio,
cioè
consapevole e amorevole unità con la logica cosmica (a cui in Occidente
ci si riferisce tradizionalmente dicendo Dio e in altre culture in
altro modo).
Si tratta di due diverse filosofie di vita: la prima
all’insegna dell’enigma, la seconda all’insegna del mistero. Enigma
rimanda a un problema intellettuale da risolvere, mistero a una più
ampia condizione dell’esistenza da non risolvere intellettualmente ma da
sperimentare esistenzialmente come abbandono e fiducia.
A mio
avviso è qui, nella ripresa della centralità della dimensione misterica
ovvero mistica, che la religione si deve rigenerare: non per coltivare
di nuovo ambizioni di primato, ma semplicemente per essere vera e curare
senza altri interessi le ferite della condizione umana. Io penso che
l’inevitabile passaggio da una condizione di maggioranza a una
condizione di minoranza sia una grande chance per il cristianesimo:
quella di abbandonare la logica del potere che intende controllare le
menti e i corpi degli esseri umani dicendo loro cosa devono pensare e
come si devono comportare (come pretende ancora oggi la dottrina
cattolica) e di assumere la logica del servizio verso la vita concreta e
l’esperienza spirituale dei singoli.
C’è in gioco il passaggio
dalla religione che si concepisce come unica verità cui convertire
tutti, a quella che ama il dialogo perché sa che la verità è comunque
sempre più grande e non è posseduta da nessuno. I giovani detti
millennials queste cose non le sanno ma le sentono, e per questo nutrono
un sostanziale disinteresse per il sapere dottrinale (teista o ateista
poco importa) mentre mostrano reale interesse per la ricerca spirituale
legata all’esperienza personale. Sta alla Chiesa di Papa Francesco
scegliere tra il mondo fittizio della teologia del catechismo e la
domanda di vita dei nostri giovani.