mercoledì 20 luglio 2016

Repubblica 20.7.16
L’Islam senza Lumi
risponde Corrado Augias

GENTILE Augias, lei ha scritto di recente sul “blocco culturale” che indubbiamente, quanto meno dal 16° o 17° secolo, ha fermato il mondo islamico e la sua pur avanzata civiltà su posizioni “integraliste”. Anche i popoli europei “Per molto tempo...hanno impugnato le armi e ucciso al grido Dio lo vuole”. Ma, lei ha aggiunto: “Poi è successo da noi qualcosa che ha spento quel grido blasfemo”. Forse qui è il nodo cruciale, la mancanza nella cultura islamica di un movimento laico, fondato sull’uomo che nella ragione può trovare le risposte alle grandi domande che lo sovrastano, un movimento che invece “da noi è successo” e che chiamiamo Illuminismo. Ma questa constatazione apre ad un’altra domanda: perché il mondo islamico non ha ancora avvertito e maturato una spinta laica che ponga al centro gli esseri umani senza intermediari trascendenti?
Giorgio Castriota — castriota.giorgio@gmail.com
ALLA domanda finale della lettera si risponde in genere con ipotesi che tirano in ballo l’organizzazione tribale di quel mondo ovvero la mancanza di uno Stato centrale, la persistenza di un’economia largamente agro-pastorale che ha impedito quel potente motore di sviluppo che è stata la rivoluzione industriale (poi è arrivato il petrolio che non ha certo aiutato). Oltre a questa frammentazione arcaica, un’organizzazione fortemente gerarchica con conseguente assenza di una significativa rete sociale di base. Per il mondo occidentale invece, l’esempio dal quale generalmente si parte è la civiltà comunale sviluppatasi largamente in Europa fin dall’alto Medio Evo. In Italia i Comuni erano soggetti all’autorità suprema dell’imperatore che però cominciò presto ad essere contestata come sancisce l’antico brocardo: “Rex in regno suo est imperator”. I comuni portarono all’affermazione sociale di nuovi ceti e alla nascita di nuove esperienze di governo. A partire dalla fine del XVIII secolo, insieme alla civiltà del Lumi, intervenne la rivoluzione industriale con tutto ciò che ha comportato nello sviluppo politico e sociale; una fase durata un paio di secoli (da poco ne stiamo uscendo) dalla quale il nostro mondo è stato radicalmente trasformato nel bene e nel male. Cenni sommari ovviamente, esistono intere biblioteche sull’argomento; nella loro sommarietà però aiutano a capire perché nel mondo musulmano il peso della religione sia rimasto quello che fino a cinque o sei secoli fa è stato anche qui. Il signor Marco Conti (marco.conti. to@gmail.com) mi scrive dissentendo da quanto da me scritto: «Dovremmo essere sufficientemente informati e ragionevoli, tenere a mente che qualche migliaio di individui che compiono crimini contro l’umanità non devono essere confusi con il miliardo e mezzo circa di musulmani che professano la loro fede senza alcun tipo di manifestazione terroristica». Infatti solo alcuni fanatici omologhi dei fanatici musulmani confondono l’intero mondo musulmano con le sue frange terroristiche. Il tema ha una diversa sottigliezza storica: persiste in quella parte del mondo un’identità culturale che consente ad alcuni esaltati di sfruttare il pretesto religioso per soddisfare i loro incubi — quali che siano. Da noi questo non è più possibile.