mercoledì 20 luglio 2016

Repubblica 20.7.16
Stop al reato di tortura, la sinistra attacca
di Liana Milella

ROMA. Tortura e prescrizione. Un rinvio sine die per la prima. Forse uno a oggi (ma solo in commissione) per la seconda. Per il reato di tortura è una nuova beffa. Perché si tratta dell’ennesimo rinvio dopo 30 anni di attesa. La spunta il ministro dell’Interno Angelino Alfano che gioca la carta del terrorismo e del rischio, che lui sostiene di vedere, di delegittimare i poliziotti proprio nel momento di maggiore impegno per via della minaccia terroristica. Si schierano a favore Forza Italia, Lega e Cor. Nettamente contrari Sel, Si e M5S. Il Pd si divide. Di fatto accetta il rinvio a una data futura e imprecisata, senza alcuna garanzia di impegni formali per una prossima calendarizzazione, ma il capogruppo Luigi Zanda, per tutta la giornata, continua dire che «bisogna approvarlo prima della pausa estiva». Un impegno che lui «prende e intende far rispettare », ma di fatto un impegno impossibile, perché il Senato chiude i battenti il 5 agosto, sono già in coda decreti legge in scadenza, e soprattutto la conferenza dei capigruppo, che ieri ha discusso e poi deciso il rinvio, non ha previsto un nuovo appuntamento in calendario per i prossimi giorni.
Ma tra i Democratici le proteste sono durissime. Basti quella di Luigi Manconi, primo firmatario del ddl, che parla di «un Senato inqualificabile e infingardo», autore di una decisione «inqualificabile e infingarda ». «Ineffabile» viene definitivo il comportamento di Alfano che, secondo Manconi, «tenta di riscattare i propri fallimenti politici attraverso una serie di blandizie nei confronti dei segmenti più antidemocratici e arretrati delle forze di polizia ». Manconi non è solo. Con lui protesta Loredana De Petris di Sel perché «il rinvio è gravissimo ed è vergognoso che per ottenerlo sia stata strumentalizzata la tragedia di Nizza».
In aula ci sono momenti di forte tensione con la destra schierata per il rinvio e dichiarazioni entusiaste di Gasparri (Fi), della Lega, di Quagliariello. Inutilmente l’associazione Antigone di Patrizio Gonnella ricorda che c’era «un impegno di Renzi preso un anno fa» e che fatti gravi come quelli del G8 di Genova e della scuola Diaz vengono dimenticati. Cade nel nulla anche l’appello a fare presto di Laura Boldrini, la presidente della Camera che giusto la mattina, nella cerimonia del Ventaglio, si era augurata un’approvazione tempestiva di «un provvedimento che rafforza la nostra democrazia, che non va contro qualcuno, ma è a garanzia di tutti ».
Ncd, come per la tortura, la fa da padrone al Senato, dove i numeri della maggioranza sono risicati, anche per la prescrizione, legge in attesa ormai da due anni dopo le promesse di Renzi del giugno 2014. A rischiare, per ragioni di tempo e per profonde divisioni politiche, è tutto il disegno di legge sul processo penale, che contiene anche gli inasprimenti di pena per furti e scippi, molto cari al Guardasigilli Andrea Orlando. A remare contro è sempre il partito di Alfano, che ancora ieri ha dato filo da torcere al ministro della Giustizia. Il quale però è ancora ottimista. Alla collega per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, che gli chiedeva «ma ce la fate a chiudere la prescrizione prima della pausa estiva», Orlando ha risposto «sì, ce la possiamo fare». Ieri sera la commissione Giustizia del Senato è arrivata a votare gli emendamenti fino all’articolo 6. Da stamattina tocca alla prescrizione, che vede il braccio di ferro tra Ncd, pronto a ridurre al minimo l’impatto, e Orlando e il Pd che cercano di salvare almeno il testo approvato dal consiglio dei ministri. Prescrizione sospesa dopo il primo grado, 18 mesi di bonus tra appello e Cassazione, aumento ad hoc per la corruzione. Cade la richiesta di far cadere il bonus se il processo è in ritardo, ma il ministro Ncd Enrico Costa protesta: «Le norme devono rispettare il principio di ragionevole durata del processo e non tradursi in semplici estensioni dei tempi. Ogni mediazione parta da qui». Annuncio di future battaglie.