Repubblica 1.7.16
Renzi rischia di portare a casa più pericoli che vantaggi
Le trappole nascoste nel tiro alla fune sull’Italicum
La
pressione che lo invita a modificare la legge elettorale è drammatica
Lasciarla com’è premia la sua coerenza ma lo espone alla crescita di M5S
di Stefano Folli
IL
CONFUSO tiro alla fune intorno all’Italicum è tutto tranne che
imprevisto. Una discutibile legge elettorale, “unicum” italiano peraltro
mai sperimentato, diventa il regno del paradosso. Sconfessata nella
sostanza da chi l’aveva tenacemente voluta, il Pd. Difesa per il proprio
tornaconto da chi l’aveva avversata fino a ieri, i Cinque Stelle.
Riscoperta come salvagente da chi era fuori gioco e oggi spera di
rientrare in campo grazie alla riforma della riforma: il centrodestra
berlusconiano.
È evidente che per adesso non accadrà nulla. I
sussulti di luglio e la mozione parlamentare in calendario a settembre
sono la spia di un malessere, ma nessuno ha la forza politica e
soprattutto la determinazione per correggere l’Italicum e trasformarlo
in quello che non è. Il premier Renzi sembra il più incerto. A lungo ha
considerato il modello tutto-italiano un fiore all’occhiello di cui
andare fiero. Ma è sempre rischioso concepire la legge elettorale come
un vestito su misura. De Gaulle era uomo a cui non faceva difetto l’
”ego”, ma il doppio turno di collegio, da lui introdotto, era un abito
adatto alla Francia e non solo alle fortune politiche del generale.
Tanto è vero che funziona ancora con vantaggi superiori agli svantaggi.
L’Italicum
fu messo in cantiere dopo il successo del Pd (41%) nelle elezioni
europee del 2014. Si immaginava un meccanismo che avrebbe fotografato
anche sul piano nazionale l’ascesa del partito renziano. Da allora molta
acqua è passata sotto i ponti e all’improvviso ci si è accorti che il
competitore è il Movimento 5 Stelle, con percentuali in crescita
registrate dai maggiori sondaggisti (vedi Ilvo Diamanti su queste
colonne). Al tempo stesso, il centrodestra sopravvive come terzo
incomodo e finora non ha ceduto i suoi voti, se non in piccola parte, al
Pd di Renzi.
La pressione a cui è sottoposto il presidente del
Consiglio da destra e da sinistra, affinché cambi una legge elettorale
già vecchia prima di nascere, è dunque quasi drammatica. Il ceto
politico si è mobilitato perché all’orizzonte si delinea una Waterloo,
assai verosimile nel caso in cui i “grillini”, con tutte le loro
contraddizioni, dovessero mostrare anche nel 2017 la capacità di
rastrellare consenso vista a Roma e Torino. È noto che promettere oggi
qualche modifica all’Italicum serve ad attenuare certe opposizioni alla
riforma costituzionale. Il fronte del No, agli occhi di Renzi, va
incrinato e reso meno minaccioso. E infatti i segnali ambigui di questi
giorni mirano a ottenere un mezzo via libera alla riforma in cambio di
un mezzo impegno a correggere la legge elettorale.
Tuttavia
l’incertezza di Renzi nasce da altre ragioni. Lasciare l’Italicum così
com’è, garantisce al premier la palma della coerenza, ma rischia di
regalare uno straordinario vantaggio competitivo ai Cinque Stelle.
Cambiarlo, potrebbe invece rivelarsi un atto di autolesionismo. Forse è
tardi per introdurre il premio di maggioranza alla coalizione anziché
alla singola lista vincitrice. Tardi per il centrosinistra, quanto meno.
Di sicuro sarebbe un aiuto di non poco conto per il centrodestra,
bisognoso di ricostruire un sistema di alleanze a vocazione centrista.
Il che giustificherebbe il velato sostegno del mondo berlusconiano (non
la Lega e FdI) alla riforma costituzionale: peraltro già oggi il No in
quegli ambienti è piuttosto flebile, salvo Brunetta.
La domanda a
questo punto è: al netto del referendum, servirebbe al Pd e al suo
progetto consegnarsi, cambiando l’Italicum, all’obbligo della
coalizione? Renzi apparentato con Alfano e il gruppo di Verdini, da un
lato, e la sinistra di Fassina, dall’altro, sarebbe più o meno forte nel
paese? C’è il rischio che tale tardivo ripensamento venga percepito
come un gesto di auto-difesa dei partiti, regalando altre munizioni alle
tesi anti-sistema. E in fondo è più logico che Alfano e gli altri si
dedichino al consolidamento di un nuovo centrodestra. Renzi dovrebbe
semmai avere il coraggio di cercare i voti per una legge elettorale
realmente nuova, che riavvicini l’elettore con l’eletto in ogni
collegio.