Repubblica 1.7.16
Cinquestelle, sorpasso sul Pd
Sondaggio
Demos: al ballottaggio staccherebbero i Dem di quasi 10 punti. Crolla
la destra Gli italiani difendono la Ue: due su tre bocciano Brexit. Si
riaccende la battaglia sull’Italicum
In caso di ballottaggio i grillini prevarrebbero di quasi dieci punti sul partito del premier
La radicalizzazione dello scontro fa tuttavia crescere il consenso nei confronti del governo
di Ilvo Diamanti
LE
recenti elezioni amministrative hanno lasciato il segno, anche sul
piano politico nazionale. Il recente sondaggio condotto da Demos per
l’Atlante Politico di Repubblica lo conferma. Infatti, secondo gli
italiani (intervistati) alle amministrative di giugno c’è un solo
vincitore. Il M5S. L’unico partito a essersi rafforzato in ambito
nazionale (lo pensa circa l’80 per cento). Mentre gli altri si sono
indeboliti. Più di tutti, il Pd di Renzi. Le stime elettorali riflettono
queste valutazioni.
IN CASO di elezioni politiche, infatti, Demos
attribuisce al M5S oltre il 32% dei voti validi. Circa 5 in più,
rispetto alla precedente rilevazione, condotta in aprile. Mentre il Pd
si attesta poco oltre il 30%. Stabile, rispetto ai mesi scorsi. Dietro
queste due forze politiche c’è quasi il vuoto. Lega e Forza Italia non
raggiungono il 12%. Anche se si coalizzassero, “costretti” dalle regole
dell’Italicum, avrebbero poche possibilità (ad essere prudenti) di
arrivare al ballottaggio. Gli altri partiti, tutti, arrivano a fatica al
5%.
Su queste basi, si rafforzerebbe ulteriormente il M5S, ma,
soprattutto, si ridisegnerebbe il sistema dei rapporti di forza fra
soggetti politici. Il tripolarismo imperfetto, emerso nel voto
amministrativo, in ambito nazionale si ridurrebbe a un bipartitismo.
Infatti, il Pd di Renzi e il M5S, insieme, intercetterebbero quasi i due
terzi dei voti. Mentre il rimanente terzo degli elettori appare diviso e
frammentato. Il M5S, peraltro, in caso di ballottaggio vincerebbe
largamente. Come, d’altronde, è avvenuto, alle amministrative, nei
comuni maggiori dove il M5S, è riuscito ad arrivare al secondo turno,
riuscendo ad affermarsi praticamente dovunque. In 19 comuni maggiori su
20. Tra i quali, anzitutto, Roma e Torino. Il M5S, infatti, oggi appare
il principale canale per raccogliere il dissenso contro i partiti
“tradizionali”. Ma, soprattutto, di intercettare il voto “anti-renziano”
dall’intero arco politico. In particolare al centro e a destra.
Infatti,
secondo il sondaggio, il M5S, in caso di ballottaggio, prevarrebbe di
quasi 10 punti sul Pd (54,7 a 45,3). Mentre nel confronto con i Forza-
leghisti non ci sarebbe storia. Quasi 20 punti di distacco. Si spiegano
anche – soprattutto – così le crescenti perplessità, nella maggioranza,
verso l’Italicum, la legge elettorale approvata da questo governo. Che
entra in vigore proprio oggi. Riproduce, per molti versi, il dispositivo
adottato per l’elezione dei sindaci. Con effetti sicuramente poco
gradevoli e graditi per il PdR. E il suo leader.
Peraltro,
echeggiando la nota definizione di Giorgio Galli, emerge un bipartitismo
“meno” imperfetto di qualche tempo fa. Quando il M5S si proponeva come
un’opposizione, ma non come un’alternativa. Appariva, cioè, un
collettore e un contenitore del risentimento. Ma senza speranza. Senza
possibilità di governare. Perché non veniva votato per questa ragione.
Dopo le elezioni amministrative di giugno, però, le opinioni degli
elettori, al proposito, sembrano cambiate. Oggi, infatti, quasi due
elettori su tre considerano il M5S in grado di governare le città dove
si è affermato. Mentre la maggioranza non lo ritiene ancora una forza di
governo a livello nazionale.
Tuttavia gli orientamenti stanno
cambiando, anche sotto questo profilo. Visto che oltre 4 elettori su 10
pensano che il M5S sarebbe in grado di governare il Paese. Ancora una
minoranza. Ma larga. Cresciuta di oltre 10 punti negli ultimi mesi.
La
polarizzazione politica, che emerge a livello elettorale, si riflette
anche sul piano della “fiducia” personale. Beppe Grillo, infatti,
raggiunge – quasi – Renzi. Mentre Di Maio lo supera. E De Magistris,
rieletto sindaco di Napoli senza problemi, lo affianca. Segno che anche a
sinistra esiste un’area di dissenso nei confronti del premier.
Tuttavia, nonostante i deludenti risultati delle amministrative, la
fiducia personale verso Renzi, negli ultimi mesi, resta stabile. Intorno
al 40%. E il consenso nei confronti del suo governo cresce di qualche
punto. Fino al 42%, Probabilmente, per due ordini di ragioni. La prima,
di natura politica interna, riflette la tensione bipolare, alimentata
dalla sfida antipolitica del M5s. Che polarizza i consensi e i dissensi
intorno ai due protagonisti: il M5s e Renzi. D’altra parte, vi sono
altri fattori, che attraggono l’opinione pubblica intorno al governo. Di
natura prevalentemente esterna. La domanda di sicurezza, in primo
luogo. Alimentata dall’immigrazione, che continua a generare
preoccupazione. Poi, la questione europea, drammatizzata dalla Brexit.
Gran
parte degli italiani ne teme gli effetti. E per questo si assiste a una
crescita di consensi verso la UE. E a un aumento del sostegno all’euro.
Si tratta del riflesso di tendenze note. Fra gli italiani, infatti,
anche in passato il timore dei possibili effetti dell’uscita dalla UE e
dall’euro prevaleva largamente sull’insoddisfazione nei confronti di
entrambe le istituzioni. Oggi che questa prospettiva non è più così
ipotetica e che la costruzione europea scricchiola in modo preoccupante,
il sentimento euro- peista si rafforza. Per reazione. Se venisse
proposto anche in Italia un referendum Itæxit, sull’uscita del nostro
Paese dall’Unione europea, secondo il sondaggio di Demos, i due terzi
degli elettori italiani voterebbero contro. Cioè, per rimanere nella Ue.
Solo fra gli elettori della Lega la maggioranza voterebbe per uscire.
Tutti gli altri, compresi quelli del M5S, sceglierebbero di rimanere
“uniti”. Per prudenza, perché non si sa mai… Il clima di tensione
internazionale, l’instabilità europea, l’insicurezza interna, dunque,
sembrano rafforzare, in qualche misura, anche il sostegno al governo
nazionale. A chi lo guida. Nonostante tutto. Magari per reazione alle
“minacce” che provengono dall’esterno. Ma anche perché, di fronte al
bipolarismo tra politica e anti- politica, in questa fase il richiamo
della “politica” diventa più forte. Più credibile.
D’altronde, in tempi tanto incerti, aggiungere altri motivi di incertezza: suscita ulteriore incertezza.
E
il richiamo del “nuovo ad ogni costo”, almeno quando si tratta del
governo nazionale, diventa meno attraente. Sul mercato politico, molti
preferiscono, per prudenza, affidarsi al semi-nuovo. Almeno per adesso.
Domani è un altro giorno. Si vedrà.