domenica 17 luglio 2016

Repubblica 17.7.16
Se a sposarsi è una minoranza
risponde Corrado Augias

GENTILE Corrado Augias, prendo spunto da due vostri recenti articoli. Uno titolava: “2031, fine delle nozze. Mai più sposi in chiesa”; l’altro: “Tutto il mondo è bamboccione: i millenials restano a casa”. Non ho mai capito se d’estate aumentano gli articoli di colore oppure se noi, avendo più tempo a disposizione, vi prestiamo maggiore attenzione. Fatto sta che vorrei raccontare la storia di Alessandra e Giacomo che, alla luce di quanto accade, appare anomala. Entrambi hanno 27 anni, si sono conosciuti in università e ora sono lei biologa, lui medico pneumologo. Non li ha spaventati andare a lavorare lontano da casa, a Torino, e lì hanno deciso di mettere su famiglia. Si sono sposati nella Basilica del San Salvatore a Pavia, la città che li ha fatti incontrare. Giovani, occupati, mettono su famiglia e si sposano pure in chiesa. Da quanto si legge non dovrebbero esistere oppure essere l’eccezione che conferma la regola. Invece esistono e come loro tanti altri. Non vorrei indicarli come esempi positivi, perché gli altri comportamenti non mi sembrano negativi: solo tanti modi diversi di affrontare la vita. Comunque approfitto per fargli gli auguri.
Martino Brambilla — tinobillatinobilla@gmail.com
CAPISCO gli auguri ai quali volentieri mi unisco. Capisco meno la sorpresa riassumibile mi pare in tre elementi, quasi quattro: sono giovani, sono entrambi italiani e occupati, si sposano — anzi si sposano in chiesa. Benissimo, ma dov’è l’anomalia? Gli articoli citati dal signor Brambilla parlavano in termini statistici e le statistiche, come i barometri, hanno sempre ragione, per assioma. Facciamoci quindi aiutare dalle accurate rilevazioni dell’Istat. Nel 2014 si sono celebrati in Italia 190 mila matrimoni circa. Do la cifra tonda che si memorizza meglio. Ovvero 4.300 in meno dell’anno prima. Dunque c’è stata una flessione però più contenuta delle precedenti, anche se sintomatica. A diminuire sono state soprattutto le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana. Il dato più decisamente sceso è la voglia di sposarsi. Si convive, si coabita, per molte ragioni più volte spiegate: comodità, basso reddito, non volere figli, periodo di prova che si stabilizza eccetera. Un elemento impressionante è che nel 2014 sono stati celebrati 420 primi matrimoni per mille uomini e 463 per mille donne. Rispetto al 2008 cifre più basse del 19% per gli uomini e di poco più del 20% per le donne. Un quinto in meno nel giro di sei anni è veramente molto, più che una discesa una picchiata. Separazioni e divorzi appaiono invece stabilizzati, però verso l’alto: 90 mila separazioni, 50 mila divorzi circa — ovvero un totale di 140mila. Calcolo a spanne: rispetto a 190 mila matrimoni sarebbe una percentuale di oltre il 70 per cento, se non è sbagliato il mio ragionamento. Per ripartizione geografica i dati rispecchiano le aspettative: matrimoni civili di sposi entrambi italiani, separazioni e divorzi sono più numerosi al Nord meno al Sud con differenze comunque in diminuzione. Dimenticavo: in media ci si separa dopo 16 anni di matrimonio. Insomma i giovani Alessandra e Giacomo di cui alla lettera vadano tranquilli all’altare sapendo di rappresentare probabilmente una minoranza (soprattutto al nord) certo non un’anomalia.