sabato 16 luglio 2016

Repubblica 16.7.16
Perché è così difficile fermare “i folli di Dio”
di Renzo Guolo


L’autore della strage di Nizza, Mohamed Lahouaiej Bouhlel, non era sotto lo sguardo dei servizi francesi. Per lui nessuna “ fiche S”, la schedatura che conduce alla lunga lista , oltre10mila in Francia, dei radicalizzati da sorvegliare a diversi livelli. Bouhlel era invece conosciuto dalla polizia per reati comuni. Come molti altri protagonisti dello jihadismo francese non era particolarmente religioso: non aveva osservato nemmeno l’ultimo Ramadan. Cosa l’ha trasformato in
chaffeur del terrore? Il fallimento del matrimonio, i recenti guai giudiziari, che pure non avevano prodotto carcerazione?
Oppure l’incontro con elementi radicalizzati della città, provenienti dagli stesso quartieri nord a edilizia popolare che hanno fornito negli ultimi anni un centinaio di foreign fighters all’Is o Al Qaeda ?
Scavare nella sua biografia consentirà di capire meglio. Resta il fatto che l’ideologia islamista radicale è ormai strumento a disposizione dei molti, spesso disperati per motivi diversi, che se ne servono per riscattare il fallimento di una vita.
Abbandonato dalla famiglia, in difficoltà sul lavoro, privo di prospettive, caduto in depressione, un individuo può trasformarsi in “lupo solitario” trovando giustificazione alla propria autodistruzione, e alla drammatica morte data agli altri, in nome della “causa di Dio”.
Certo, simili spiegazioni non valgono per quanti abbracciano lucidamente la jihad, in nome di una concezione del mondo e di una tassonomia del Nemico ben definite ideologicamente. Ma questo non rende certo meno pericoloso lo scenario. Anzi , la trasformazione di soggetti psicologicamente fragili in nuovi “ folli di Dio”, aggrava il quadro. Poiché mette nell’angolo le tradizionali tecniche di contrasto tipiche degli organismi di intelligence e di polizia, fondate sul principio dell’analisi dell’agire razionale rispetto allo scopo, solitamente adottate nei confronti dei gruppi politicizzati e coesi.
Qui, invece, l’ uomo senza passato diventa pericoloso perché, improvvisamente, maneggia un’ ideologia capace di legittimare le sue scelte omicide.
Un’ideologia che, considerando nemico chiunque ricada in determinate categorie l’occidentale, il “ musulmano” tiepido, il credente di altre fedi- consente di colpire ovunque e in ogni momento: non solo nelle giornate a alto valore simbolico come la festa della Repubblica. Rendendo tragica realtà quella jihad della vita quotidiana che dilata all’estremo lo scontro tra l’Islam radicale e tutto ciò che non lo è.
Così Nizza può essere, al contempo, la città di Omar Diaby, meglio noto come Omar Omsen, ex-delinquente comune che una volta uscito dal carcere dove si radicalizza, comincia a predicare nella periferia di Bon Voyage, diventa l’autore di una serie di video, noti con la sigla 19HH che ne faranno una star del webIslam radicale, riunisce attorno a sé un nucleo di simpatizzanti che qualche anno dopo lo seguiranno in Siria , dove prima nelle fila dell’Is, poi in quelle di Al Qaeda, comanderà la brigata francofona e combatterà la sua iperpolitica e consapevole jihad trovando, apparentemente, la morte in battaglia. E la città dello sconosciuto uomo qualunque Bouhlel che pure, d’ora in avanti, avrà un posto d’onore nel pantheon dei “martiri jihadisti” e che, forse, prima di essere crivellato dai colpi sparati sul parabrezza avrà pensato alla Promenade come la strada che conduceva finalmente all’agognato Paradiso. O, se non altro, alle fine di quell’inferno umano che, lanciando il tir tra la folla, ha inflitto anche alle sue vittime.