sabato 16 luglio 2016

Repubblica 16
La guerra civile della Francia
di Bernardo Valli


DIETRO la brutalità dell’azione terroristica, manifestatasi ancora una volta poche ore fa a Nizza, si nasconde una manovra che sta portando la Francia sull’orlo di una guerra civile. Sarebbe azzardato usare di propria iniziativa quest’ultima, catastrofica espressione — guerra civile — se a servirsene non fosse stato un qualificato esperto nella materia.
PATRICK Calvar, capo dei servizi segreti interni (Dgsi), ha dichiarato di recente davanti alla commissione di inchiesta parlamentare sul 13 novembre a Parigi (la strage del Bataclan) che per lui ulteriori attentati avrebbero condotto a un confronto tra comunità. A sua conoscenza, alcuni gruppi (di estrema destra) erano pronti a rispondere al terrorismo islamista con un’identica violenza rivolta contro la comunità musulmana. La quale conta in Francia tra i sette e gli otto milioni di uomini e donne. La cifra non è ufficiale perché i censimenti per religione o per origine etnica sono proibiti.
Patrick Calvar aveva già detto con chiarezza, in una precedente occasione davanti alla commissione difesa dell’Assemblea Nazionale, che se ci fossero stati ancora uno o due attentati l’urto sarebbe stato inevitabile. La Francia avrebbe conosciuto in tal caso una situazione simile a quella degli anni di piombo italiani. «Noi siamo sull’orlo di una guerra civile», ha ribadito, sicuro di sé, il capo dei servizi segreti francesi.
La strage di Nizza potrebbe realizzare il non rassicurante pronostico di Patrick Calvar. Ma abbiamo imparato che gli 007 non sono infallibili e benché dotati di strumenti efficaci e di colleghi super specializzati, a volte, per nostra fortuna, si sbagliano. Anche se sono sinceri quando formulano le loro diagnosi. La nostra è una strana e rischiosa epoca, affidata alla finanza e all’intelligence. Per le quali spesso il virtuale e il reale si confondono. Anche a questo è dovuto il nostro quasi perpetuo stato di ipertensione o di isterismo. A volte capita di sognare il sesterzo e le legioni romane con i calzari e le catapulte. L’intelligence, come la finanza, ci raffigura delle ombre.
La strage di Nizza ha aggiunto un nuovo orrore: e, se non sfocerà in una guerra civile, sta già sconvolgendo il panorama politico francese. E di riflesso gran parte di quello europeo. Il terrorismo instilla nella società fratture che rischiano di essere irreversibili.
Non di rado compiute da giovani psicopatici o piccoli pregiudicati convinti di trovare nella morte, nella propria e in quella degli altri, quel che hanno cercato invano nella vita, le azioni dei kamikaze provocano le estreme destre islamofobe affinché reagiscano: sconvolgano le società democratiche e accendano guerre civili mortali per i crociati, gli ebrei e gli infedeli in generale. Ma non è detto che la loro manovra, compiuta o tentata spesso inconsciamente, riesca e che si arrivi a un conflitto tra comunità, come dice il capo dei servizi segreti. Quel che adesso si profila è invece il già annunciato successo del Front National di Marine Le Pen. La quale rappresenta la crescente massa di estrema destra, non quella violenta ma quella populista destinata a fare da ammortizzatore.
I terroristi danno così obiettivamente il loro voto al Front National. E la comunità musulmana rischia di essere governata domani da un partito islamofobo. Quella convivenza assomiglierebbe a una guerra civile. Prima di Nizza si intravedeva, per le presidenziali francesi di primavera, un successo di Marine Le Pen al primo turno e una sua sconfitta al ballottaggio di fronte al moderato Alain Juppé, preferito anche dalla folta schiera dei delusi dal socialista François Hollande. La figura fino a poche ore fa rassicurante di Alain Juppé, sindaco di Bordeaux dai modi garbati e dalle dichiarazioni sensate, è all’improvviso impallidita. Col montare della collera, della paura, dell’incertezza, Juppé è entrato nell’ombra ed è rispuntato Sarkozy che in fatto di populismo non sfigura troppo davanti a Marine Le Pen. Il duello presidenziale di primavera potrebbe essere riservato a loro, grazie anche al massacro della Promenade des Anglais. L’autore della strage non è ancora classificabile se ci si affida alla forte polemica che oppone due studiosi dell’Islam, Gilles Kepel e Olivier Roy. Il primo, Kepel, professore a Scienze Politiche, punta sul carattere religioso del movimento islamista. Roy, professore all’Università internazionale di Firenze, sostiene che la religione sia un pretesto. Uno parla di islamizzazione del radicalismo. L’altro di radicalizzazione dell’islamismo. E si affrontano, a volte insultandosi, creando due scuole di pensiero, anche se le loro posizioni appaiono spesso complementari.
Secondo gli amici, il terrorista tunisino di Nizza non recitava le preghiere quotidiane, non andava alla moschea e beveva alcol. Ma ha ucciso ed è morto seguendo gli insegnamenti promulgati il 9 giugno 2014 dal portavoce del “califfato”, Abu Mohammed Al-Adnani.
I quali dicono: «Colpite la sua testa con una pietra, sgozzatelo col suo coltello, schiacciatelo con la sua automobile, gettatelo da un burrone, strangolatelo o avvelenatelo ». Il tunisino di Nizza ha ottemperato a uno di quei precetti: ha schiacciato gli infedeli, uomini, donne, bambini in festa, con il suo camion. E ha ubbidito ai consigli che dicono « strappa il tuo biglietto per la Turchia, il firdaws (ultima tappa prima del paradiso) è davanti a te, convinci qualche mascalzone e trova un’arma in qualche sobborgo». È un invito ad agire nel paese in cui ti trovi, senza raggiungere lo “stato islamico”. E lui, il tunisino di Nizza ha seguito anche questa direttiva, impartita dall’Islam jihadista. Alcune sue caratteristiche corrispondevano al modello indicato da Kepel, altre a quello di Roy. Il quale vede il jihadismo come una rivolta generazionale e nichilista, che si è ammantata di islamismo.