Repubblica 16
La guerra civile della Francia
di Bernardo Valli
DIETRO
la brutalità dell’azione terroristica, manifestatasi ancora una volta
poche ore fa a Nizza, si nasconde una manovra che sta portando la
Francia sull’orlo di una guerra civile. Sarebbe azzardato usare di
propria iniziativa quest’ultima, catastrofica espressione — guerra
civile — se a servirsene non fosse stato un qualificato esperto nella
materia.
PATRICK Calvar, capo dei servizi segreti interni (Dgsi), ha
dichiarato di recente davanti alla commissione di inchiesta parlamentare
sul 13 novembre a Parigi (la strage del Bataclan) che per lui ulteriori
attentati avrebbero condotto a un confronto tra comunità. A sua
conoscenza, alcuni gruppi (di estrema destra) erano pronti a rispondere
al terrorismo islamista con un’identica violenza rivolta contro la
comunità musulmana. La quale conta in Francia tra i sette e gli otto
milioni di uomini e donne. La cifra non è ufficiale perché i censimenti
per religione o per origine etnica sono proibiti.
Patrick Calvar
aveva già detto con chiarezza, in una precedente occasione davanti alla
commissione difesa dell’Assemblea Nazionale, che se ci fossero stati
ancora uno o due attentati l’urto sarebbe stato inevitabile. La Francia
avrebbe conosciuto in tal caso una situazione simile a quella degli anni
di piombo italiani. «Noi siamo sull’orlo di una guerra civile», ha
ribadito, sicuro di sé, il capo dei servizi segreti francesi.
La
strage di Nizza potrebbe realizzare il non rassicurante pronostico di
Patrick Calvar. Ma abbiamo imparato che gli 007 non sono infallibili e
benché dotati di strumenti efficaci e di colleghi super specializzati, a
volte, per nostra fortuna, si sbagliano. Anche se sono sinceri quando
formulano le loro diagnosi. La nostra è una strana e rischiosa epoca,
affidata alla finanza e all’intelligence. Per le quali spesso il
virtuale e il reale si confondono. Anche a questo è dovuto il nostro
quasi perpetuo stato di ipertensione o di isterismo. A volte capita di
sognare il sesterzo e le legioni romane con i calzari e le catapulte.
L’intelligence, come la finanza, ci raffigura delle ombre.
La strage
di Nizza ha aggiunto un nuovo orrore: e, se non sfocerà in una guerra
civile, sta già sconvolgendo il panorama politico francese. E di
riflesso gran parte di quello europeo. Il terrorismo instilla nella
società fratture che rischiano di essere irreversibili.
Non di rado
compiute da giovani psicopatici o piccoli pregiudicati convinti di
trovare nella morte, nella propria e in quella degli altri, quel che
hanno cercato invano nella vita, le azioni dei kamikaze provocano le
estreme destre islamofobe affinché reagiscano: sconvolgano le società
democratiche e accendano guerre civili mortali per i crociati, gli ebrei
e gli infedeli in generale. Ma non è detto che la loro manovra,
compiuta o tentata spesso inconsciamente, riesca e che si arrivi a un
conflitto tra comunità, come dice il capo dei servizi segreti. Quel che
adesso si profila è invece il già annunciato successo del Front National
di Marine Le Pen. La quale rappresenta la crescente massa di estrema
destra, non quella violenta ma quella populista destinata a fare da
ammortizzatore.
I terroristi danno così obiettivamente il loro voto
al Front National. E la comunità musulmana rischia di essere governata
domani da un partito islamofobo. Quella convivenza assomiglierebbe a una
guerra civile. Prima di Nizza si intravedeva, per le presidenziali
francesi di primavera, un successo di Marine Le Pen al primo turno e una
sua sconfitta al ballottaggio di fronte al moderato Alain Juppé,
preferito anche dalla folta schiera dei delusi dal socialista François
Hollande. La figura fino a poche ore fa rassicurante di Alain Juppé,
sindaco di Bordeaux dai modi garbati e dalle dichiarazioni sensate, è
all’improvviso impallidita. Col montare della collera, della paura,
dell’incertezza, Juppé è entrato nell’ombra ed è rispuntato Sarkozy che
in fatto di populismo non sfigura troppo davanti a Marine Le Pen. Il
duello presidenziale di primavera potrebbe essere riservato a loro,
grazie anche al massacro della Promenade des Anglais. L’autore della
strage non è ancora classificabile se ci si affida alla forte polemica
che oppone due studiosi dell’Islam, Gilles Kepel e Olivier Roy. Il
primo, Kepel, professore a Scienze Politiche, punta sul carattere
religioso del movimento islamista. Roy, professore all’Università
internazionale di Firenze, sostiene che la religione sia un pretesto.
Uno parla di islamizzazione del radicalismo. L’altro di radicalizzazione
dell’islamismo. E si affrontano, a volte insultandosi, creando due
scuole di pensiero, anche se le loro posizioni appaiono spesso
complementari.
Secondo gli amici, il terrorista tunisino di Nizza non
recitava le preghiere quotidiane, non andava alla moschea e beveva
alcol. Ma ha ucciso ed è morto seguendo gli insegnamenti promulgati il 9
giugno 2014 dal portavoce del “califfato”, Abu Mohammed Al-Adnani.
I
quali dicono: «Colpite la sua testa con una pietra, sgozzatelo col suo
coltello, schiacciatelo con la sua automobile, gettatelo da un burrone,
strangolatelo o avvelenatelo ». Il tunisino di Nizza ha ottemperato a
uno di quei precetti: ha schiacciato gli infedeli, uomini, donne,
bambini in festa, con il suo camion. E ha ubbidito ai consigli che
dicono « strappa il tuo biglietto per la Turchia, il firdaws (ultima
tappa prima del paradiso) è davanti a te, convinci qualche mascalzone e
trova un’arma in qualche sobborgo». È un invito ad agire nel paese in
cui ti trovi, senza raggiungere lo “stato islamico”. E lui, il tunisino
di Nizza ha seguito anche questa direttiva, impartita dall’Islam
jihadista. Alcune sue caratteristiche corrispondevano al modello
indicato da Kepel, altre a quello di Roy. Il quale vede il jihadismo
come una rivolta generazionale e nichilista, che si è ammantata di
islamismo.