Repubblica 14.7.16
I rifiuti
Roma, chi sporca non paga mai. In un anno 3 multe per i cani
L’invincibile sporcizia di Roma costa il triplo del resto d’Italia
Fallito
il proclama dell’assessore Paola Muraro che aveva annunciato per ieri
la pulizia della città. L’Ama ha 8.000 dipendenti, ma non riesce a
garantire i servizi
di Gianluca Di Feo
IL D-DAY è
arrivato ma nelle strade di Roma non sembra cambiato nulla. Allo
scadere della mezzanotte i vicoli più nobili del centro sono colmi come
al solito di sacchi neri con gli scarti dei ristoranti, su cui gabbiani
giganteschi si avventano spargendo cibo e scatolame. Uno spettacolo
degno di Hitchcock, che pure ieri notte si è ripetuto al Portico
d’Ottavia, l’angolo più suggestivo del ghetto.
Mentre in piazza
Madonna dei Monti dai cassonetti tracima un magma putrido fermentato
dall’implacabile caldo africano. Eppure sette giorni fa l’assessore
Paola Muraro aveva gettato il cuore oltre l’ostacolo, scandendo il primo
proclama della giunta pentastellata: «L’Ama sta programmando una
pulizia straordinaria in alcune zone. Fortini, il presidente dell’Ama,
ha detto che mercoledì la città verrà pulita. Le risorse ci sono,
diamogli fiducia». Una questione di fiducia, forse di fede, perché molti
ormai pensano che solo un miracolo possa restituire decoro all’Urbe.
L’Ama, l’azienda ambientale con i suoi quasi ottomila dipendenti e un
piano finanziario che l’anno scorso toccava i 720 milioni, finora ha
fallito.
Sette colli di invincibile sporcizia. Ma quello che i più
ignorano è quanto venga a costare questa disfatta quotidiana. Sì,
perché l’ultimo dossier disponibile segnala che ogni romano paga per il
miraggio dell’igiene urbana ben 250 euro: 85 euro in più della media
nazionale, ben 102 in più rispetto a un abitante della pianura padana.
Una spesa senza senso: il popolo della capitale produce il 4,5 per cento
dei rifiuti d’Italia ma si accolla il 7,8 per cento dei costi totali.
Sono informazioni grottesche, censite da un ufficio misconosciuto del
Campidoglio: l’Agenzia per il controllo della qualità dei servizi
pubblici, che analizza non solo i dati economici ma pure il gradimento,
infimo, dei cittadini per le prestazioni. L’ultimo rapporto si ferma
all’aprile 2015 e racconto la follia di una metropoli dove i tributi per
la pulizia aumentano addirittura più dell’immondizia: il costo del
servizio, o meglio del disservizio, è lievitato del dieci per cento
l’anno con un incremento dal 2003 in poi del 120 per cento.
Già
nel 2010, all’epoca di Gianni Alemanno sindaco, ogni romano pagava 228
euro contro i 209 di un milanese, i 179 di un bolognese, i 162 di un
fiorentino. Nell’Urbe lo spazzamento delle strade è arrivato a
inghiottire 150 milioni l’anno. Poi nel 2015 si è pensato di chiedere
una quarantina di milioni extra allo Stato, come risarcimento per il
lerciume che piove sulla capitale durante “le manifestazioni a carattere
nazionale”. Una mandrakata – come si dice a Roma - per alleviare i
bilanci dell’Ama, che intanto ha costantemente ridotto l’investimento
per nettare piazze e vie. Nonostante i tagli, però, lo “spazzamento”
dell’Urbe costa il triplo della media nazionale: sono vere ramazze
d’oro.
Tanto denaro per nulla. L’insofferenza per il servizio è
sempre più alta, con un 79 per cento di abitanti “insoddisfatto” della
pulizia. I romani non cercano alibi e si assumono tutta la colpa della
sporcizia. L’agenzia comunale indica che il 55 per cento degli
intervistati attribuisce la responsabilità del degrado ai cittadini. Su
questo fronte, c’è una rinascita del senso civico: in diversi quartieri
sono sorti comitati di autodifesa dalla lordura e la differenziata –
almeno stando ai responsi ufficiali – procede molto bene. E il 94 per
cento dei residenti chiede giustizia, invocando di “multare
sistematicamente chi sporca”. La stessa ricetta della sindaca Virginia
Raggi: per la prima visita ha scelto Tor Bella Monaca, dove è nato il
Jeeg Robot del cinema e dove i bambini filmano ratti da Oscar. E lì ha
promesso multe più dure «nei confronti di chi si macchia di
comportamenti lesivi per le persone e l’ambiente». Facile a dirsi.
Perché le sanzioni sono una rarità. C’è un esempio lapidario. La metà
dei capitolini è infuriata per gli escrementi dei cani sui marciapiedi.
Ebbene nel 2014 sapete quanti padroni maleducati sono stati castigati?
Tre. Gli sporcaccioni restano impuniti. Gli ultimi dati completi
risalgono al 2014, quando gli ispettori dell’Ama e la polizia municipale
si sono accaniti sulle auto in sosta davanti ai cassonetti con quasi 40
mila sanzioni. Hanno colpito dolcemente chi sbaglia o bara sulla
differenziata: 1318 multe. E chi getta i rifiuti in giro? Solo 490
multe. Poco più di una ammenda quotidiana su tre milioni di abitanti,
senza contare i turisti.
Nei primi sei mesi di quest’anno i
controllori dell’Ama si sono impegnati di più: 2658 punizioni per la
differenziata sbagliata e 322 per chi non differenzia affatto o butta la
spazzatura dove capita. Una goccia nel mare di immondizia. Il sondaggio
è illuminante: il 96 per cento dei romani non ha mai visto multare gli
zozzoni metropolitani, nove persone su dieci non hanno mai neppure
sentito parlare di multe. Nel 1971 Eugenio Montale ha dedicato rime
profetiche allo sciopero dei netturbini capitolini, ispirandosi a una
ragazza che ”circumnavigava isole e laghi di vomiticcio e materie
plastiche”: “Il trionfo della spazzatura esalta chi non se ne cura”.
All’epoca era un’eccezione, oggi pare la regola.