mercoledì 13 luglio 2016

Repubblica 13.7.16
“Metro C, la truffa dei costi gonfiati”
I Pm: “Il Consorzio chiese 1,8 Miliardi In più”
Il contenzioso si chiuse con un accordo da 320 milioni: decisivo il ruolo di Incalza e Improta
di Daniele Autieri Giuseppe Scarpa

ROMA. Un comitato d’affari distribuito tra i vertici di Roma Metropolitane e Metro C colpevole di aver inscenato una truffa miliardaria; e due burattinai, uno al Comune di Roma, l’altro al ministero dei Trasporti, che di quella truffa sono stati sostenitori presso le istituzioni, dandole un abito di legalità che non aveva.
È questa l’ipotesi investigativa del procuratore aggiunto Paolo Ielo, del pm Erminio Amelio e degli uomini del II gruppo della Guardia di finanza che stanno indagando sull’ennesima inchiesta aperta sulla Metro C di Roma. Il sistema — ricostruito nel decreto di perquisizione con cui le Fiamme gialle hanno bussato due giorni fa a Roma Metropolitane — è il seguente: prima si creava il debito presunto e poi si passava all’incasso, rivendicando quello che in realtà non era dovuto. Un sistema che il comitato d’affari ha messo in piedi in diverse fasi.
La prima tra il 2008 e il 2011, quando il consorzio Metro C ha cominciato a vantare richieste economiche aggiuntive rispetto all’importo aggiudicato. Gli uomini della Finanza ne hanno contate in tutto 40 per un valore monstre di 1,8 miliardi di euro. Pretese che i vertici di Roma Metropolitane, la società controllata dal Comune di Roma, hanno riconosciuto come legittime, fornendo una giustificazione per sedersi al tavolo della trattativa.
Si arriva così alla seconda fase, il 2011, quando viene elaborato un atto transattivo che diventa attuativo il 9 settembre del 2013, dove per la prima volta è scritta nero su bianco la cifra che oggi gli inquirenti definiscono «un profitto ingiusto a danno degli enti pubblici». Parliamo di un totale di 320 milioni di euro che gli enti finanziatori dovrebbero a Metro C. Ed è proprio nella firma di quell’atto che l’ex assessore ai Trasporti del Campidoglio, Guido Improta, e il capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, Ercole Incalza, hanno avuto un ruolo centrale: oggi sono entrambi indagati per concorso in truffa aggravata. La firma viene infatti anticipata da una riunione presso il ministero durante la quale Incalza avrebbe dato il suo via libera all’atto attuativo. Una circostanza che trova conferma nel documento ufficiale protocollato presso il gabinetto dell’allora ministro Lupi, con numero 0028405.
La missiva, che porta la firma di Ercole Incalza, recita: «Si conferma che non vi sono osservazioni e che pertanto le somme di competenza statale assegnate con la delibera medesima possono essere utilizzate senza necessità di alcun ulteriore adempimento ».
Il gioco è fatto, e il lodo si chiude aprendo però una ferita profonda nelle casse di Roma Metropolitane e del Comune di Roma, che ancora oggi faticano a saldare quel debito.