Repubblica 13.7.16
Per i banchieri non è mai crisi stipendi su del 9,7% nel 2015 e liquidazioni a prova di crac
Da
Vigni che ha lasciato Mps con un rosso di 5 miliardi e 4 milioni di
buonuscita, a Zonin che ha portato Vicenza sul baratro assegnandosi un
milione, i manager del credito incassano sempre
Con gli istituti in salute, addii a sette zeri per Profumo da Unicredit e Arpe e Geronzi da Capitalia. Ora tocca a Ghizzoni
di Ettore Livini
MILANO.
La crisi delle banche italiane non è uguale per tutti. Tremano i
correntisti delle aziende in difficoltà, terrorizzati dallo spettro del
bail-in. Si leccano le ferite gli azionisti, travolti dal crollo del 55%
dei titoli del settore negli ultimi 12 mesi. Ai vertici degli istituti
di credito, però, il barometro è ancora sul bel tempo: gli
amministratori delegati degli otto big tricolori si sono regalati
infatti nel 2015 un aumento di stipendio medio del 9,7%. Non solo: il
valore della parte azionaria dei loro compensi - in sostanza le stock
option monetizzate lo scorso anno – è cresciuto del 68%.
Le buste
paga dei Paperoni degli sportelli di casa nostra - con buona pace delle
turbolenze di queste settimane - si sono gonfiate persino di più di
quelle dei loro colleghi del resto del mondo: i compensi dei maggiori
Ceo bancari internazionali - calcola uno studio di Equilar e del
Financial Times – sono saliti lo scorso anno “solo” del 7,6%.
La
moral suasion di Mario Draghi e Ignazio Visco – in qualità di
governatori della Banca d’Italia – è servita a poco. Entrambi avevano
esortato i dirigenti delle realtà in crisi a moderare il loro appetito
salariale, legando i bonus ai risultati. Ma a beneficiare della
Cuccagna, cifre alla mano, sono stati anche i super-manager degli
istituti falliti o salvati per il rotto della cuffia gettando sul
lastrico migliaia di risparmiatori.
Gianni Zonin ha lasciato la
Popolare di Vicenza sull’orlo del crac staccandosi per gli ultimi undici
mesi di lavoro un assegno- ricordo di un milione di euro. Cinque
ex-dirigenti della banca sono usciti di scena con lo zuccherino di 5,2
milioni di buonuscita. Quattro dei quali destinati all’ex-ad Samuele
Sorato. I loro sostituti, visto l’andazzo, hanno messo le mani avanti e
si sono fatti anticipare una buonaentrata da 2,67 milioni per prendere
in mano la patata bollente passatagli dai predecessori.
La
fabbrica italiana delle liquidazioni milionarie, del resto, non conosce
crisi. E non smette di sfornare paracaduti d’oro nemmeno di fronte a
flop conclamati. Antonio Vigni ha mollato nel 2012 il Monte Paschi di
Siena lasciando in ricordo alla città del Palio un bilancio in rosso per
quasi 5 miliardi ma consolandosi a livello personale con una buonuscita
da 4 milioni.
Siamo lontani dai 20 milioni di premio alla
carriera per l’ex-numero uno di Capitalia Cesare Geronzi, ai 37,4
incassati dall’istituto capitolino da Matteo Arpe e dall’assegno di 40
milioni finito ad Alessandro Profumo quando ha dato l’addio a Unicredit.
Ma almeno loro hanno lasciato in eredità aziende (allora) in salute.
Non si può dire altrettanto, ad esempio, per Luca Bronchi, finito nel
mirino degli ispettori spediti da via Nazionale in Banca d’Etruria per
la liquidazione da 1,2 milioni di euro che gli è stata assegnata dal cda
nel 2014 alla vigilia del crac «nonostante il grave deterioramento
della banca e senza contestargli responsabilità specifiche».
Gli
accordi, del resto, sono accordi. Veneto Banca, messa in ginocchio dalla
crisi, ha liquidato il suo ex-padre padrone Vincenzo Consoli nel 2015
pagandogli solo (si fa per dire) 880 mila euro per le 7 mensilità di
lavoro e l’indennità di mancato preavviso. Lui, scottato
dall’irriconoscenza, non ha trovato niente di meglio che fare causa
all’istituto chiedendo altri 3,51 milioni per il mancato rispetto del
patto di risoluzione consensuale. Si vedrà come andrà a finire. L’elenco
degli addii dorati, nell’attesa, si prepara ad aggiornare i suoi
record. Federico Ghizzoni sta per mollare Unicredit lasciando in ricordo
ai soci un titolo crollato del 64% da gennaio. Affari loro. Lui i suoi
li ha già fatti: toglierà il disturbo con una buonuscita da 10 milioni.