mercoledì 13 luglio 2016

La Stampa 13.7.16
Lite Renzi-D’Alema su Telecom e banche
Oggi test in Senato
A palazzo Madama governo alla prova su un decreto
Il vicesegretario Guerini avvia “consultazioni” sull’Italicum
di Francesca Schianchi

L’annuncio del «bye bye» a Equitalia entro l’anno, la difesa della sindaca di Roma Virginia Raggi («lasciamola lavorare»), la definizione di «fantasmagorici retroscena» per le possibili staffette a Palazzo Chigi tra lui e altri, come Franceschini. Nonostante qualche contestazione all’esterno che sfocia in scontro con la polizia, è un premier tranquillo, quello che, a Milano, prima si fa intervistare in radio, poi incontra Giuseppe Sala in veste di sindaco e promette l’impegno a portare in città «un po’ di istituzioni finanziarie che sono a Londra». E trova il modo di aprire un fronte polemico acceso con l’ex premier D’Alema: «C’è stato qualche governo di sinistra che ha privatizzato la Telecom facendo un regalo ai capitani coraggiosi, facendo operazioni molto discutibili». Se qualcuno non avesse capito, aggiunge: «Ogni riferimento al governo guidato da Massimo D’Alema è puramente casuale».
Fronte che diventa incandescente quando, dai microfoni del Tg5, risponde l’ex premier: «Renzi potrebbe parlarci delle fughe di notizie sulla banca Etruria e dell’insider trading, questo è un argomento che forse conosce bene», attacca. Una stilettata che in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno dettaglia meglio: «C’è un’indagine per insider trading nei riguardi dell’ingegner De Benedetti che avrebbe detto di aver acquistato azioni perché informato da Palazzo Chigi sull’imminente decreto per le Popolari». Un botta e risposta che sarebbe stato destinato a infuocare il dibattito, se di lì a poco la notizia della tragedia pugliese non avesse portato in secondo piano le schermaglie politiche e spinto Renzi in serata in prefettura a Bari.
Oggi, per il governo potrebbe essere un tornante complicato: si vota il decreto sugli enti locali al Senato, serve la maggioranza assoluta di 161 voti. Ma Renzi è tranquillo: «Abbiamo 165-166 voti senza i verdiniani», hanno fatto di conto i dem del Senato. Per precauzione, hanno chiesto un’inversione di calendario che consenta il voto finale oggi anziché domani («hanno la maggioranza qualificata solo di mercoledì», sbotta il M5S Lucidi), ma non si teme più una fronda degli alleati di governo di Ncd-Ap, desiderosi di cambiamenti della legge elettorale. «Voteremo a favore tutti tranne due assenti giustificati», garantisce il capogruppo Schifani, anche se un’assemblea del gruppo è in programma per oggi.
L’obiettivo dei dem è cavarsela senza l’aiuto di Verdini e i suoi, che però assicurano il loro ok: «Ha mai visto che non votiamo qualcosa?», si allarga in un gran sorriso il capogruppo Barani, «senza di noi non ci sarebbero state le riforme e il governo Renzi. Votiamo quel che ci convince senza chiedere ringraziamenti: un figlio non dice mai alla mamma grazie di avermi messo al mondo!».
Non si dovrebbero scaricare oggi le tensioni su eventuali modifiche dell’Italicum. Ma il tema resta sul tavolo. Il vicesegretario Pd Guerini ha inaugurato una serie di «incontri informali» con esponenti della minoranza dem, come Bersani e Cuperlo, e di altri partiti, come il centrista Cicchitto. L’obiettivo è mostrare una disponibilità del Pd a modificare l’Italicum che però, insistono i renziani, per loro è una buona legge. La variante potrebbe essere il premio alla coalizione anziché alla lista e una soglia di sbarramento più alta: ma si potrà eventualmente arrivare a un accordo solo dopo il referendum. «Se Guerini fa queste consultazioni e non parte da noi “stabilizzatori”, vuol dire che perde tempo», avvisa sornione Paolo Naccarato di Gal.
Referendum, Italicum, modifiche di vario tipo. Secondo Renzi «come la politica parla di se stessa è allucinante. Sembra di vivere in una cappa di vetro: referendum, spacchettamento, premio al partito o alla coalizione… Tutte cose che interessano il futuro dei politici interessati alla loro seggiola». Ma a cui sono appese anche le sorti del governo.