La Stampa 13.7.16
Il Senato nel 2016 costerà mezzo miliardo
Solo per i vitalizi se ne andranno 82 milioni
Ma
dal 2013 ad oggi ammontano a 152 milioni i risparmi complessivi tra
risorse restituite e minore dotazione dallo Stato (86,4 milioni)
di A. Pit.
Roma
Se nel 2016 la Camera spenderà poco meno di un miliardo di euro – 977,5
milioni secondo la prima stesura del bilancio di previsione di
Montecitorio – quanto costerà quest’anno il Senato? Stando all’ipotesi
di bilancio di previsione (ancora provvisorio) che deve essere discusso e
approvato dal collegio dei Questori, si prevedono per l’anno in corso
spese per 540 milioni.
Una cifra, va precisato, suscettibile di
possibili variazioni anche significative come dimostrano gli ultimi dati
disponibili. Nel 2015, a fronte di previsioni di spesa per 540,5
milioni, le uscite effettive a consuntivo si sono fermate a 495 milioni,
per la prima volta negli ultimi esercizi sotto il mezzo miliardo. In
sostanza, 45,5 milioni in meno rispetto alle previsioni stimate
all’inizio dell’anno scorso e 5,8 rispetto al rendiconto 2014. Anche nel
più piccolo dei due rami del Parlamento, insomma, la tendenza degli
ultimi esercizi è quella ad un progressivo contenimento dei costi. Fonti
vicine al Consiglio di presidenza del Senato precisano che dal 2013 al
2016 i risparmi complessivi ammontano a 152 milioni, tra minore
dotazione dallo Stato (86,4 milioni) e risorse restituite (altri 65,5).
Tornando alle previsioni per il 2016, il grosso della spesa di Palazzo
Madama sarà assorbito dal personale eletto (senatori ed ex) e non eletto
(dipendenti, di ruolo e non, e pensionati). In tutto 436,4 milioni,
oltre l’80% delle uscite totali. Un’incidenza praticamente identica a
quella della Camera. Nel dettaglio, stando ai numeri dell’ipotesi di
bilancio di previsione, per le spettanze dei senatori in carica se ne
andranno 79,4 milioni: 42,1 per le indennità previste dal regolamento e
altri 37,2 per rimborsi vari. Come la diaria (13,6 milioni) e le spese
per l’esercizio del mandato (16,1 milioni). Poi ci sono i costi per il
personale di ruolo: altri 98,8 milioni. E per quello non di ruolo: 21,4
milioni. Senza contare la spesa previdenziale che inciderà sui costi del
Senato per 235,7 milioni (il 43,6% delle uscite complessive). Una voce
che comprende vitalizi e pensioni, diretti e di reversibilità,
corrisposti agli ex senatori o ai familiari superstiti (82,8 milioni) e
le pensioni dirette e di reversibilità degli ex dipendenti (145
milioni). Nel restante 20% delle uscite ci sono 8,9 milioni per i
servizi informatici; 4,6 per locazione e utenze; 6,2 per la manutenzione
ordinaria; 1,4 per beni di consumo, compresi carta e cancelleria; 3,6
per le assicurazioni e 1,7 per la ristorazione.
Costi che, sommati
a quelli della Camera, danno un totale di circa 1,5 miliardi di euro.
Una cifra che, secondo il premier Matteo Renzi, farebbe di quello
italiano «il Parlamento più costoso tra i Paesi della Nato». Ma è
davvero così? «Forse lui ha dei dati che noi al Senato non abbiamo, di
certo siamo il Parlamento più trasparente della Nato visto che mettiamo
online tutti i nostri conti - ironizza il questore Lucio Malan di FI -.
Ho provato a fare una ricerca in rete dei bilanci di altri parlamenti
europei e, a parte una voce nel bilancio dello Stato relativa a quello
belga, non ho trovato nulla». Il senatore azzurro fa anche degli esempi:
«Negli Usa, dove il Senato conta solo 100 eletti, la dotazione mensile
dei singoli senatori per l’esercizio del mandato è parametrata alla
dimensione dello Stato di provenienza e varia da 70 mila a 280 mila
euro, in media la dotazione di 50 senatori italiani messi insieme. In
Germania hanno a disposizione 19 mila euro al mese per il personale, in
Francia 9 mila alla Camera e 7.500 al Senato al netto dei contributi:
noi a Palazzo Madama 4.180 euro». Poi c’è il nodo dei risparmi che si
produrrebbero se vincesse il Sì al referendum sulla riforma. «Non
serviva riscrivere la Costituzione, bastava una delibera del Consiglio
di presidenza - taglia corto Laura Bottici del M5S -. Lasciando e
abbassando la sola indennità parlamentare dei senatori a 6 mila euro
lordi al mese, eliminando l’assistenza sanitaria integrativa e tutti i
rimborsi forfetari (se non li spendi li restituisci) si potrebbe
risparmiare circa il 40% sulle competenze dei senatori, passando da 80 a
48 milioni. E, dimezzando il numero dei senatori, scendere addirittura
intorno ai 24». Secondo la ministra Boschi, la riforma del Senato
permetterebbe di risparmiare, innanzitutto, 70 milioni sulle voci
relative al contributo ai gruppi parlamentari e delle commissioni
d’inchiesta. «Una balla - taglia corto Malan -. Queste due voci valgono
in tutto meno di 23 milioni: come fa la Boschi ad arrivare a 70?». La
ministra ipotizza inoltre un risparmio di 80 milioni sulle indennità
parlamentari per effetto della riduzione a 100 del numero dei senatori.
«Altra balla - conclude Malan -. Le indennità pesano sul bilancio per
42,1 milioni per 321 senatori, eliminando i 315 elettivi il risparmio
lordo sarebbe di 41,3 milioni, pari a 25,7 netti».