Repubblica 12.7.16
Così resistono i ghetti d’America
di Alexander Stille
L’AMERICA
delle contraddizioni: un uomo nero, Barack Obama, guida gli Stati Uniti
da otto anni e continua a essere apprezzato da almeno metà del Paese,
eppure i quartieri neri esplodono in proteste a causa degli ennesimi
casi di giovani afroamericani disarmati uccisi da poliziotti bianchi.
Nel 1963 solo il 45 percento dei neri erano soddisfatti del loro tenore
di vita, ora la percentuale è salita a 74 percento, vicina a quella dei
bianchi. Nel 1960 solo il tre percento dei neri americani adulti era
laureato, ora il numero si avvicina al 20 percento. Circa il 40 percento
dei neri sono “colletti bianchi”: hanno un lavoro che gli permette di
comparsi casa. Allo stesso tempo un terzo della popolazione nera vive
ancora nella povertà. Nel 1958, circa il 44 percento degli americani
affermava che avrebbe cambiato quartiere se una famiglia nera avesse
comprato la casa accanto alla loro, ora lo dice solo l’un percento del
paese. Ma la segregazione — nelle residenze e nelle scuole — resta
sorprendentemente forte. Circa il 39 percento dei giovani neri
frequentano scuole dove oltre il 90 percento degli studenti sono neri o
ispanici, un trend che è addirittura aumentato negli ultimi 20 anni.
Che senso dare a queste contraddizioni? Ci sono alcune chiavi di lettura utili.
Primo:
paradossalmente, il progresso degli ultimi sessant’anni ha creato una
nuova borghesia nera, ma per certi versi questo ha rappresentato una
perdita per i neri più poveri. In passato, a causa della
discriminazione, i professionisti neri vivevano nei ghetti neri
arricchendoli in vari modi. Ora un terzo vive nei sobborghi, lasciando i
ghetti urbani più poveri e isolati.
Secondo: il razzismo degli
americani è più marcato di quello che ammettono nei sondaggi. Anche se
dicono di essere pronti a vivere accanto a una famiglia di colore, i
bianchi tendono a scappare se la percentuale dei neri nei loro
quartieri, e soprattutto nelle loro scuole, diventa troppo alta. La
giustizia ha imposto l’integrazione delle scuole negli Anni ’70 e ’80 e
ha così dimezzato lo scarto nella prestazione tra gli studenti bianchi e
neri. Ma l’integrazione forzata è stata molto impopolare tra le
comunità bianche anche se non ha mai intaccato la prestazione degli
studenti bianchi. Anzi, li ha resi più tolleranti e aperti dei loro
genitori. Ma lo scarto accademico tra studenti bianchi e neri è rimasto
immutato dagli Anni ’80 a oggi. Sappiamo che gli studenti poveri vanno
male a scuola quando sono circondati da altri studenti poveri in scuole
scadenti. Vanno molto meglio quando studiano insieme a studenti più
benestanti in scuole ben finanziate.
Terzo. Negli ultimi
trent’anni la popolazione carceraria si è moltiplicata per sei negli
ultimi 40 anni, salendo da circa 400mila a 2,3 milioni. Mentre le
persone di colore rappresentano circa il 30 percento della popolazione
sono il 60 percento dei carcerati. La “guerra” contro la guerra ha
colpito soprattutto i neri: pur non usando gli stupefacenti più di altre
minoranze, rappresentano la maggioranza di quelli arrestati per
possesso e spaccio della droga. Un maschio nero ha una chance del 30
percento di finire in carcere almeno una volta nella sua vita. Così
abbiamo fatto alcuni progressi, ma abbiamo creato dei ghetti che sono
delle vere e proprie trappole della povertà.
Un uomo nero guida
gli Stati Uniti ma nei quartieri degli afroamericani esplodono le
proteste. La segregazione nelle scuole e nelle carceri non è mai finita