domenica 10 luglio 2016

Repubblica 10.7.16
I tabù del mondo
Quanta fragilità dietro l’esibizione di potenza virile
Gonfiare i muscoli, esibire il corpo come un trofeo competere alla morte per l’affermazione professionale accumulare denaro... Sono tutti tratti che indicano una sopravvalutazione della prestanza fisica nel genere maschile, rappresentata nella cultura greca e romana dalla figura mitologica di Priapo
Nel priapismo psichico come nel mito antico la sessualità non si apre allo scambio con l’Altro ma deve solo convalidare la propria forza invincibile
di Massimo Recalcati

Il genere maschile è ingombrato dal fallo, sentenziava Lacan. In modo prosaico questo ingombro occupa sin dall’inizio l’immaginario dei bambini intenti a giocare a chi tra loro è dotato di maggior forza nel getto della pipì o a misurarsi con vergogna o senso di superiorità l’organo sessuale. L’attaccamento dell’uomo al proprio fallo è una costante difficile da spezzare. L’effetto maggiore di questo ingombro è una certa idiozia che, per esempio, costringe gran parte dei maschi a trascorrere tutta la propria vita gareggiando a chi la fa più lontano! È la stessa idiozia che alcuni anni fa mi si manifestò inequivocabilmente mentre passeggiando per Roma rimasi ad osservare le scene finali della celebrazione di un matrimonio. Gli sposi, giovani e belli come vuole il copione più tradizionale, si stavano concedendo agli sguardi ammirati e felici del loro pubblico appena usciti dal grande portone della Chiesa. Una bella macchina d’epoca, addobbata per l’occasione, li attendeva a pochi passi. Concedendosi alle richieste di parenti e amici a scambiarsi un bacio i due giovani sposi si strinsero l’uno all’altra teneramente, ma, mentre le labbra di lei si offrivano inermi e soavi a quelle dell’uomo appena divenuto suo marito, questi con la coda dell’occhio non riuscì a resistere alla tentazione di contemplare la vettura notando che su di un parafango era caduto un notevole escremento di piccione. Sgusciò allora rapidissimo fuori dall’abbraccio amorevole della sua giovane sposa precipitandosi con un fazzoletto nelle mani verso l’auto per ripristinare la sua bellezza immacolata insopportabilmente offesa dal genere animale. L’ingombro fallico, come si vede bene in questa scena, come in quella dei bambini che giocano a chi la fa più lontano, comporta davvero una certa idiozia. Una raffigurazione mitologica di questo ingombro è quella della figura mitologica di Priapo che troviamo nella cultura greca e romana. Fu la gelosia furiosa di Era nei confronti della madre di Priapo, Afrodite, verso la quale Zeus non nascondeva il suo interesse, a vendicarsi dotandolo di organi genitali enormi. Il culto di Priapo si trova anche collegato ai riti e alle orge dionisiache. Spesso viene associato all’asino per sottolineare il carattere testardo e autonomo del suo organo genitale. Si racconta anche che le vergini patrizie si raccomandassero a Priapo affinchè rendesse piacevoli le loro prime notti d’amore.
Più cinicamente la clinica medica definisce col termine “priapismo” la presenza di lunghe erezioni dissociate dall’eccitamento sessuale che possono anche provocare dei danni all’organo sessuale maschile. Nel linguaggio comune questa patologia tende ad essere confusa con quella dell’ipersessualità (satiriasi), ovvero al corrispettivo maschile della ninfomania caratterizzata dalla presenza di uno smodato desiderio sessuale che sembra non trovare mai appagamento.
Dal punto di vista della vita psichica con il complesso di Priapo potremmo nominare l’incidenza negativa della sopravalutazione mascolina dell’importanza del fallo. Tutto sembra ruotare attorno alla propria prestanza virile. Questo non riguarda solo l’importanza attribuita alla pulsione sessuale e alla sua spinta indomita, ma finisce per investire tutta la vita del soggetto. Potenziare i propri muscoli, esibire il proprio corpo virile come un trofeo, competere alla morte per la propria affermazione professionale, accumulare denari, concentrarsi sulla propria immagine piuttosto che sul rapporto con l’Altro sono tutti tratti tipici del priapismo psichico. Le sue radici affondano ovviamente nel terreno del narcisismo ma con una variante significativa: mentre Narciso eleva la propria immagine ad esclusivo oggetto di investimento pulsionale, il priapismo psichico eleva il proprio fallo a misura unica del valore. Il rapporto sessuale non è vissuto eroticamente, ma solo come una prestazione della propria potenza. In questo senso anche nel priapismo psichico, come nel mito antico, assistiamo ad uno sviluppo abnorme dell’organo genitale: la sessualità non si apre allo scambio con l’Altro ma deve solo convalidare la propria forza invincibile. È il motivo della coazione che caratterizza il priapismo psichico: l’erezione diventa una necessità da esibire costantemente sino a diventare una vera e propria schiavitù a cui si è sottoposti più che una manifestazione di libertà e vitalità. È questo il punto centrale del complesso di Priapo: l’attaccamento non è tanto all’organo in quanto tale, ma all’immagine della potenza virile che deve essere esibita costantemente proprio perché è vissuta come pericolante, fragile, incerta. È quello che si nota in certi cultori estremi del carattere atletico e muscolare del proprio corpo. Si tratta più di un obbligo che di un piacere che deve compensare un dubbio sulla propria identità fallica: il corpo si gonfia come se fosse un fallo in erezione perpetua. Non a caso Priapo non è che il simbolo di un asino (ecco di nuovo l’idea lacaniana dell’idiozia fallica) o, se si preferisce, di un gigante di argilla. Accade anche al protagonista della nostra breve storiella romana: l’autovettura d’epoca non è una semplice autovettura, ma uno specchio che restituisce una immagine della propria potenza fallica desolatamente macchiata da una cacca di piccione, la quale, come tutto ciò che macchia lo splendore della propria erezione permanente, deve essere cancellata al più presto.