Repubblica 10.7.16
Il Presidente dell’Anm
Davigo: “I politici onesti non stiano con i corrotti”
“Se continuano a sedersi vicino a chi ruba i cittadini penseranno che sono uguali”
di Liana Milella
ROMA.
La frase shock di Davigo - «I politici per bene non dovrebbero star
seduti vicino ai corrotti » - è della mattina. Ma quando è sera
inoltrata nessun politico ufficialmente la commenta. Strano, visto che
da quando è stato eletto al vertice dell’Anm Pier Camillo Davigo ha
sollevato più di una polemica per le sue affermazioni tranchant. Inutile
chiedergli con chi ce l’avesse quando ha parlato a Orvieto dalla
tribuna dei Cattolici democratici. Lui replica infastidito: «Su questo
non dico una parola di più...». Anche se il pensiero va subito a
politici famosi citati, anche se non arrestati o inquisiti,
nell’inchiesta Labirinto della procura di Roma, quelli che fanno capo a
Ncd. Ma in assenza di conferme dell’ex pm di Mani pulite è impossibile
ipotizzare dei nomi, anche se il premier Renzi, come ha già fatto in
passato, chiederà al presidente dell’Anm proprio di indicare con chi ce
l’ha.
Certamente Davigo non si sottrae dallo spiegare la sua nuova
teoria: «A qualche politico ho chiesto se si rendeva conto che se
continuava a sedersi vicino a un corrotto i cittadini sarebbero stati
autorizzati a pensare che erano uguali. Invece sarebbe meglio dire
“finché c’è lui, io qui non mi siedo”. Forse allora anche chi commette
reati tornerebbe a vergognarsene». Davigo insiste, come al momento della
sua elezione ad aprile, sul rapporto tra politici corrotti e relativa
vergogna. Allora fece un paragone tra i reati commessi oggi e quelli del
‘92. Disse una frase che suscitò un vespaio: «Allora erano molti che si
vergognavano di essere stati sorpresi a rubare, oggi in molti
continuano a rubare e non si vergognano più». Adesso rincara la dose:
«Per distinguere le pecore bianche da quelle nere bisogna fare i
processi».
È la teoria della repressione opposta a quella della
prevenzione sostenuta dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele
Cantone. Secondo Davigo «è inutile inasprire le pene se non si sa a chi
darle». Prima, secondo il famoso pm, «bisogna trovare i colpevoli e far
emergere la corruzione sommersa». Un’implicita bocciatura della legge
Orlando, tante volte citata da Renzi, che aumenta di un paio d’anni la
pena massima per la corruzione. Per Davigo invece servono altri
strumenti, più invasivi, contro la corruzione, per esempio gli agenti
sotto copertura che offrono denaro a un politico per vedere se lo
accetta, e se questo accade possono arrestarlo. Certo, una misura forte,
da tempo in vigore negli Usa, necessaria per chi, come Davigo, pensa
che «il sistema criminale della corruzione sia del tutto identico a
quello della riscossione del pizzo da parte di Cosa nostra». Un sistema
invasivo: «La corruzione è seriale perché chi la commette
tendenzialmente la ripete». Chi corrompe tende ad allargare il cerchio
“per creare un ambiente favorevole”. Sembra proprio la fotografia
dell’operazione Labirinto.