Repubblica 10.7.16
Essere un uomo afroamericano nel Minnesota
di Percival Everett
Testo raccolto da Anna Lombardi L’autore è una delle voci più autorevoli della nuova letteratura afroamericana
QUELLO
COMPIUTO a Dallas è un crimine terribile, da condannare senza
esitazione. Ma è essenziale ricordare che è il frutto di una mente
malata, non l’atto estremo di un attivista. Qualcosa che ha a che fare
più con la facilità con cui qui negli Stati Uniti ci si procura un’arma
che con la lotta contro il razzismo e i soprusi della polizia. Ma
naturalmente c’è già chi soffia sul fuoco delle tensioni sostenendo che è
colpa di chi protesta. Guarda caso, gli stessi bigotti che vorrebbero
tenere i musulmani fuori dagli Stati Uniti, dimenticando che stragi
devastanti come questa sono il frutto della loro politica sconsiderata
in fatto di armi.
Perché una cosa è certa. Se quest’uomo ha avuto
la possibilità di procurarsi un fucile lo deve ai repubblicani e alla
lobby delle armi. Tutte le vite hanno valore.
Tutte. Ma non
possiamo dimenticare che, se la follia di un singolo ha ucciso cinque
poliziotti, una brutalità assurta a sistema ha ucciso centinaia di neri.
Siamo
un obiettivo. Il caso di Philando Castile la dice lunga. Era stato
fermato 52 volte per infrazioni stradali: ebbene o era davvero un
pessimo guidatore, oppure aveva la sola colpa di essere un uomo nero al
volante. È così comune per un afroamericano essere fermato che esiste
perfino un’espressione gergale, “driving while black“, guidare essendo
neri: che suona come guidare ubriachi o drogati. Come un crimine,
insomma.
Quando ti fermano, lo so per esperienza personale, devi
stare tranquillo. Non tutti i poliziotti sono cattivi, ovvio. La
maggioranza è onesta e gentile. Ma c’è sempre anche il serpente. E
allora stai attento. Chi metterebbe la mano in un vaso pieno di serpenti
pur sapendo che uno solo è velenoso? Bisogna intervenire su quello che è
un problema del sistema, non di un singolo dipartimento di polizia o di
uno Stato. Da quanto sono diffusi gli assassini si capisce che bisogna
cambiare il modo in cui l’America sceglie, educa e difende a priori i
poliziotti in tribunale.