mercoledì 6 luglio 2016

La Stampa TuttoScienze 6.7.16
Brexit fa male anche alla salute
di Paolo Vineis

È importante che studiamo - da diverse angolature - le conseguenze che il Brexit sta avendo e avrà in diversi settori della vita economica inglese per evitare che scenari simili si verifichino in altri Paesi, nella sciagurata ipotesi che altri seguano la stessa strada. Lo choc sui mercati e sulle attività produttive condurrà con probabilità a una riduzione del gettito fiscale (già diverse imprese hanno dichiarato di voler delocalizzare le loro sedi) e questo comporterà la scelta tra due strategie: aumentare le tasse (strategia improbabile per un governo conservatore) o ridurre ulteriormente la qualità e quantità dei servizi pubblici, già ridotti all’osso in molti settori del Regno Unito (o disunito?).
Le conseguenze per la salute sarebbero nel secondo caso sia dirette (attraverso il ridimensionamento del Servizio sanitario) sia indirette: ridotti investimenti nell’edilizia popolare, nell’istruzione o nelle pensioni sono cambiamenti associati allo stato di salute della popolazione. Questo è particolarmente vero per gli strati più vulnerabili, come i bambini, gli anziani e le persone con patologie multiple. Si consideri anche che attualmente lavorano nell’Nhs (la Sanità) 50 mila persone provenienti dall’area economica europea e al momento non vi sono strategie per mantenerle al loro posto di lavoro, se non con complesse negoziazioni con i rispettivi Paesi di provenienza.
Ma un aspetto altrettanto importante (e dovremmo rifletterci in Italia) è che l’Ue ha svolto una funzione di garanzia e protezione rispetto ai rischi professionali e ambientali attraverso una legislazione generalmente più avanzata di quella dei singoli Stati. Quando ci si lamenta della burocrazia della Comunità, non si dimentichi che corrisponde anche a una serie di provvedimenti utili, non tutti cervellotici o punitivi. Per esempio, l’Ue ha la legislazione più avanzata al mondo sui rischi ambientali, «Reach». Preoccupa vedere che le stesse forze politiche che manifestano contro i rischi ambientali, legati, poniamo, agli inceneritori o ai campi elettromagnetici, sono talora anche anti-europeiste. Anche la ricerca medica può soffrire per il Brexit: il Regno Unito ottiene più di 800 milioni di contributi nell’ambito del programma Horizon 2020, ma il danno maggiore può venire ai giovani ricercatori che accedono ai programmi «Erc» e «Marie Curie».