mercoledì 20 luglio 2016

La Stampa TuttoScienze 20.7.16
“Siamo tutti africani?
Sì, ma anche più cinesi di quanto credessimo”
I fossili scoperti in Asia suggeriscono un’ipotesi alternativa sulle origini dei Sapiens
di Gabriele Beccaria

Siamo tutti africani. Sì, ma forse anche più asiatici di quanto abbiamo finora immaginato.
Quando entrano in scena le origini della nostra specie Homo sapiens, le controversie sono in agguato e i paleoantropologi adorano le discussioni e perfino i litigi (sebbene in severo stile accademico). L’ultima tempesta la racconta la rivista «Nature», spiegando - non senza ironia - che anche in fatto di fossili è ora di riconsiderare il ruolo globale della Cina. Auto e smartphone a parte, è possibile che il mondo - e l’Occidente in particolare - debba cambiare un’altra delle sue mappe mentali. Stavolta su chi siamo.
Al centro dell’attenzione tornano i resti del celebre uomo di Pechino, una sottospecie di Homo erectus, scoperto negli Anni 20 del Novecento e che, periodicamente, contribuisce a terremotare certezze ritenute più che solide. Stavolta molti altri «parenti» cinesi si sono aggiunti e il panorama si complica: invece della progressione lineare dall’Homo erectus africano di 2 milioni di anni fa agli umani moderni di 200 mila, nuove scoperte suggeriscono che tra 900 mila e 125 mila anni fa l’Asia orientale fosse popolata da un grande numero di ominidi imprevisti: avevano caratteristiche fisiche che - secondo Wu Xinzhi dell’Accademia delle Scienze Cinese - sarebbero state intermedie tra quelle degli erectus e quelle dei sapiens.
In poche parole, rappresenterebbero un mistero, visto che non rientrano facilmente in nessuna categoria nota. Ma il prof Wu ha elaborato un’interpretazione: è convinto che questi fossili siano differenti. In particolare dagli heidelbergensis che 400 mila anni fa lasciarono l’Africa e anche da quelli che colonizzarono il Medio Oriente e l’Europa. Sarebbero ulteriori «forme di transizione» rispetto agli heidelbergensis stessi, mentre l’uomo di Pechino rappresenterebbe proprio l’antenato degli asiatici di oggi.
I pezzi del puzzle evolutivo, in questo caso, si sistemano solo a patto di abbandonare il modello «Out of Africa», che enfatizza le comuni origini africane dell’umanità, e di adottarne un altro, alternativo, vale a dire il modello multiregionale (o della «continuità con ibridazione»). Gli ominidi che tolgono il sonno ai paleoantropologi europei e americani e che entusiasmano quelli cinesi diventano, di conseguenza, i discendenti degli erectus, incrociati con «migranti» diversi: alcuni provenienti dall’Africa e altri in movimento dall’Eurasia. Questi figli «misti» sarebbero i bis-bis-bis nonni delle popolazioni asiatiche del presente. «Tutto indica - conclude Wu con esibita sicurezza - un’evoluzione progressiva e continua, in Cina, dall’erectus fino agli umani moderni».
È davvero così? Naturalmente dubbi e contestazioni non mancano. A cominciare dalle analisi del Dna, le quali, smentendo Wu, suggeriscono che il 97.4% dei geni dei cinesi contemporanei sia africano. E, intanto, altre ipotesi si stanno affacciando: per esempio che le migrazioni verso l’Asia dei primi umani moderni siano da retrodatare, fino a 120 mila anni fa, oppure che i fossili della controversia siano in realtà il risultato evolutivo di un ceppo mediorientale.
Di sicuro - ragiona adesso la maggioranza degli specialisti - il continente da tenere d’occhio per le prossime ricerche è l’Asia.