La Stampa TuttoLibri 2.7.16
Dio non si immagina: si può “vedere” solo nella Scrittura
L’iconoclastia dall’Islam all’Isis
Una lunga vicenda storica, fino ai nostri giorni, contrassegnati dagli attacchi terroristici
di Federico Vercellone
Nei
drammi della contemporaneità ritroviamo spesso un passato che non passa
e che va di volta in volta fatto riemergere per capire che cosa davvero
stia capitando. Ce lo insegna questo bel libro di Maria Bettetini,
Distruggere il passato
il cui sottotitolo significativamente suona «L’iconoclastia dall’Islam all’Isis».
È
innanzi tutto una ricostruzione affascinante e chiara della lunga lotta
tra iconoduli e iconoclasti, tra amici e nemici delle immagini e del
loro culto dall’antichità ebraica a oggi, e cioè sino alla nostra
«civiltà dell’immagine». La quale eccita talora, come purtroppo ben
sappiamo, gli istinti iconoclasti che si annidano aggressivi nel DNA del
nostro passato. Il conflitto intorno alle immagini è quanto mai vivo
come testimonia la sanguinosa catena di attacchi terroristici contro
giornali, luoghi altamente simbolici come le Torri gemelle, siti
monumentali. Questo dipende dal fatto che le immagini sono decisive nel
definire la nostra identità sociale in toto, e non solo quella
religiosa, più evidentemente generatrice di conflitti. Basti pensare
alla loro influenza nella moda, nell’arte pubblica, in ambito politico e
in infiniti altri contesti.
Nella lunga vicenda storica
ricostruita da Bettetini si dipana una storia che ci riguarda
inquietantemente da vicino. Questo dipende per larga parte da un
paradosso che rende potenzialmente esplosiva in ogni momento la nostra
cultura. Comunichiamo per lo più verbalmente, ma ci identifichiamo
soprattutto grazie a immagini-guida. In altri termini, anche nello
scambio culturale e simbolico, la ragione non coincide con il cuore, e
argomentiamo con rigore ma non riusciamo a riconoscerci sino in fondo in
quello che affermiamo su basi razionali. Le immagini sono assolutamente
potenti nel veicolare identificazioni affettive coinvolgenti, che si
tratti di figurazioni religiose o di bandiere di una nazione in guerra, o
di tifare per la maglia una squadra di calcio.
In questo contesto
conoscere la storia è quanto mai importante. Senza aver nozione della
sua provenienza non potremmo riconoscere il nostro presente. Ed è dunque
preziosa questa mappa di un viaggio immaginario disegnata da Maria
Bettetini che ci conduce attraverso le ragioni profonde e
contraddittorie dell’iconoclastia, a cominciare da quella ebraica. Si
tratta di un’iconoclastia quasi assoluta, all’interno della quale fa
spicco una grande eccezione, quella del meraviglioso Tempio di re
Salomone sontuosamente adornato e rimpianto nei secoli dopo la sua
distruzione. L’iconoclastia pervade, com’è noto, anche l’Islam (fatta
eccezione per le miniature, vere e proprie testimonianze dello splendore
del creato) a partire dallo stesso Maometto. Per l’Islam Dio è tutto
nella Scrittura. Non vanno così le cose per il cristianesimo che lascia
spazio all’interpretazione del testo sacro. Il mondo cristiano ha così
una quanto mai travagliata relazione con le immagini che sembra
risolversi provvisoriamente con il secondo Concilio di Nicea, svoltosi
nel 787. In questo contesto la liceità delle immagini viene riconosciuta
in quanto esse si limitano a richiamare un archetipo senza volerlo
riprodurre.
Tutta questa vicenda getta luce sul presente nel
quale, tra l’altro, una minoranza islamica infinitamente rozza e nutrita
di fanatismo, lontana dalle sue origini autentiche, ha messo insieme la
guerra terroristica contro gli infedeli con la distruzione di siti
monumentali musulmani e non. Una parte minoritaria ma immensamente
influente del mondo contemporaneo invaso dalle immagini resuscita
violentemente l’ iconoclastia. L’orrore non si sottrae infine al
paradosso: ogni gesto iconoclasta viene immensamente amplificato proprio
grazie al grande sviluppo delle tecnologie dell’immagine.