sabato 2 luglio 2016

La Stampa TuttoLibri 2.7.16
E l’uomo divenne predatore cacciando i suoi simili
Un viaggio nell’oscuro, indistinto mondo delle origini, regno della metamorfosi, quando anche l’invisibile era visibile
di Lorenzo Mondo

C’era un tempo in cui anche l’invisibile era visibile e i viventi erano sottoposti a una continua mutazione. Gli animali potevano essere uomini o dèi, demoni o antenati. E agli stessi uomini accadeva di assumere forme diverse e transitorie. Tutto l’universo appariva come il regno della metamorfosi. Su questo oscuro mondo delle origini indaga Roberto Calasso nel libro intitolato
Il Cacciatore Celeste
. La pratica della caccia rappresenta in effetti nei primordi un misterioso legame e un discrimine. All’inizio, non c’era un uomo che inseguiva un animale, in ciascuno dei due poteva nascondersi un altro essere. Fino a quando, nel corso dei millenni, si verificò l’evento capitale che nessuno è stato in grado di raccontare, il distacco dell’uomo dalle maglie dell’indistinto. Egli prese alcuni animali al suo servizio e si difese dai predatori imitando e potenziando, con l’ausilio di armi elementari, i loro comportamenti. Diventò così il più temibile tra gli animali da preda, tanto da accanirsi contro la sua stessa specie. Resiste tuttavia nel tempo la memoria di quella separazione, il senso di colpa per una ferita ancestrale: espresse nel rispetto e nella venerazione per l’animale ucciso. E’ un peccato originale di cui si serba traccia nei miti e viene esorcizzato nei riti delle più lontane culture, connettendosi alla percezione del divino che, per quanto separato e invisibile, impone la sua presenza. Calasso ci chiama allo stupore davanti alla pressochè universale «lettura» delle costellazioni: «Non sarà facile spiegare perchè nello stesso spicchio del cielo, non soltanto in Grecia ma in Persia, in Mesopotamia, in India, in Cina, in Australia e anche nel Suriname, per millenni si siano viste ogni volta le imprese di un Cacciatore Celeste che non ci si stanca di contemplare».
Colpisce a prima vista in questo libro la sbalorditiva cultura dell’autore che si muove a proprio agio tra le varie scienze dell’uomo, dall’antropologia alla filosofia, alla letteratura. Ed un lettore non sufficientemente provveduto deve procedere prendendo il giusto respiro; favorito in questo dallo stile adottato dall’autore. Che non ci dà una narrazione fluente, alla quale osterebbero le ombre e gli spazi bianchi di una materia sfuggente, e la stessa necessità di seguire l’affioramento delle analogie e delle metafore. Egli si comporta al modo degli antichi rapsodi, le cui storie, apparentemente discontinue, erano tenute insieme da da «uno stesso tessuto, solo in parte visibile, lacunoso e sfilacciato». Ne risulta una scrittura a frammenti o schegge che, per quanto meditativa, non si nega poetiche suggestioni. Dalle lontane origini il libro spazia verso altri mondi, registrando il lento svellersi dell’uomo dall’animale e il bersaglio sempre più raffinato della sua «caccia». La mitologia greca viene rivisitata in pagine di grande freschezza sulla scorta di Ovidio, che ne offre il più ampio repertorio: dove un superstite tremore sembra inchinarsi, modernamente, all’assoluto della letteratura. Siamo poi intrattenuti sul singolare culto degli animali, vivi e imbalsamati, nell’Egitto dei Faraoni e, con ardito trapasso, sulle speculazioni di Plotino (seguì la spedizione dell’imperatore Gordiano in Persia per acquistare una conoscenza diretta della religione e della filosofia iranica e indiana, ma nelle Enneadi si appagò di Platone, che aveva detto tutto, e doveva soltanto essere accompagnato, chiarito, nella sua ascesa all’ineffabile Uno).
Eleusi infine, con il suo intatto Mistero. L’iniziazione a questo culto, che rappresenta un unicum nella religione greca, sembra connessa con l’aspirazione alla sopravvivenza, in corpo e anima, dopo la morte. Quella garantita, nella sua letteralità, dalla religione cristiana. E’ il capitolo che chiude provvisoriamente, perfino casualmente, il percorso del Cacciatore Celeste, un libro caratterizzato dalla ricerca ininterrotta, affascinata, del numinoso.