venerdì 8 luglio 2016

La Stampa 8.7.16
La polizia uccide un altro nero
America, l’incubo in diretta
In Minnesota il video sul web degli spari contro un 32enne riaccende le tensioni razziali. Allarme sicurezza per la Convention di Trump
di Gianni Riotta

Secondo il quotidiano Washington Post nel 2016 sono già 506, il giornale inglese «The Guardian» ne calcola invece 561, l’anno passato furono quasi mille, tutti americani uccisi da agenti di polizia. Tragedia umana, battaglia politica, campagna militante che assedia la corsa alla Casa Bianca di Hillary Clinton e Donald Trump, perché nove morti su dieci sono afroamericani.
La fine atroce di Philando Castile, 32 anni, capo della mensa in una scuola Montessori nei sobborghi di St. Paul, Minnesota, riapre la saga del dolore e della protesta aperta con l’assassinio del ragazzo Trayvon Martin, Florida 2012, da parte di un vigilante paranoico («avessi avuto un figlio - disse il presidente Obama - sarebbe stato come Trayvon») e seguita con la rivolta a Ferguson, Missouri, agosto 2014, quando la polizia uccide il passante Michael Brown. Ma Castile non è caduto nel mezzo di una ridda di versioni contrastanti, come Brown, o senza testimoni come Trayvon. La sua compagna, Diamond «Lavish» Reynolds, ne ha filmato l’agonia con il telefonino, t-shirt zuppa di sangue, facendo una cronaca in diretta con voce gelata, raccontando come la polizia abbia fermato l’auto su cui la coppia, con la figlioletta di lei, viaggiava, per un fanalino spento. Philando spiega al poliziotto di avere addosso una pistola, con regolare porto d’armi, e lo avvisa prima di dargli la patente, temendo che la vista dell’arma ne scateni la reazione violenta. Invece, attraverso il finestrino, partono quattro colpi, Castile si accascia sanguinante, per poi morire in ospedale. «Lavish» posta su Facebook il video con gli ultimi respiri del fidanzato, milioni di persone lo guardano sconvolte. Una manifestazione circonda il palazzo del governatore, il tam tam virtuale, lanciato dal sito Black Lives Matter, mobilita i militanti. Poche ore prima a Baton Rouge, in Louisiana, un ambulante nero era stato ucciso dalla polizia, l’estate 2016 si incendia a una settimana dalla Convention che dovrebbe incoronare Trump a Cleveland. Trump, quando Black Lives Matter ha contestato il socialista democratico Sanders, non ha resistito alla sfida «Provateci con me!», online i duri si son già dati appuntamento a Cleveland, decisi allo scontro.
L’ordine di battaglia si forma online, gli agenti spesso indossano microcamere, o ne hanno a bordo delle auto-pattuglia, passanti o amici delle vittime filmano con i cellulari, per tanti episodi ci sono immagini e audio a distillare rabbia. Black Lives Matter sperava che prender coscienza della brutalità moderasse gli agenti, ma finora non sono diminuite le vittime. La polizia ricorda che i neri si macchiano dell’84% dei reati violenti contro i bianchi e dell’82% contro gli ispanici, e giustifica così il controllo ossessivo.
A Hillary Clinton basta il 40% del voto dei bianchi per essere eletta, Trump deve passare quota 65%, le due comunità, bianchi e afroamericani, si allontanano tra indifferenza e astio. Nei campus universitari si scelgono tavoli separati alla mensa, anche tra gli intellettuali la solidarietà si spezza. Eddie Glaude, preside della facoltà di studi Afro American a Princeton, nel saggio «Democracy in black» denuncia Obama: «Sotto la sua presidenza le comunità nere sono state devastate, ha offerto solo cerotti». Ethan Zuckerman, direttore del Mit Center for Civic Media, ricorda gli Anni 60, quando le Black Panthers, partito nero armato, seguivano la polizia, fucili in pugno, pronti ad aprire il fuoco contro gli abusi. Finì con la repressione delle Pantere Nere, tra galera, droghe, irrilevanza politica, mentre la leadership nera moderata conquistava responsabilità, fino alla Casa Bianca.
Oggi il maggior numero di cittadini bianchi americani ha 55 anni di età, tra i cittadini afroamericani solo 24. Maturi e ragazzi, due prospettive di vita, due economie, due culture, lambite appena da sport, cultura di massa, consumi. Trump vuole essere eletto facendo leva sul risentimento bianco, Clinton prova a mediare tra razze ed etnie, potrebbe essere l’ultimo tentativo prima della deflagrazione. Philando Castile a St. Paul e Emmanuel Chidi Namdi a Fermo, ci hanno ricordato, cadendo nelle stesse ore, quanto il «Sogno» del reverendo King sembri stravolgersi in incubo nel nostro mondo, presunto tollerante.