La Stampa 8.7.16
Governo, vertice Mattarella-Renzi
Referendum fissato il 6 novembre
Timori per la tenuta al Senato. Il premier: se cado subito alle urne
di Ugo Magri
È
sempre così: non appena in Senato si ricomincia a parlare di agguati e
trabocchetti, ecco i congiurati precipitarsi a smentire. Ieri è stato
tutto un rosario di dichiarazioni rassicuranti, «non sarà Verdini a dare
la spallata», «non saremo noi di Ncd, notoriamente così leali». Eppure,
fonti molto attendibili confermano che sono almeno 30 e forse 40 i
senatori della maggioranza in preda alla disperazione politica, dunque
disposti a qualunque gesto, anche il più inconsulto. La stima si ottiene
sommando quei centristi a vario titolo (Gal, Ncd, Scelta Civica e Ala)
che per effetto dell’«Italicum» nutrono zero speranze di venire
rieletti. Pretendono da Renzi una via d’uscita che il premier non vuole
e, probabilmente, non può garantire. Manca una logica nel loro
dibattersi. Proprio per questo rappresentano un pericolo, in quanto «con
i criminali intelligenti si può trovare un accordo», ringhia Cicchitto
che li conosce bene, «ma con i criminali ottusi non c’è proprio nulla da
fare».
Il gioco del premier
Gli «ottusi» sono coloro che
farebbero la crisi subito, profittando del voto imminente sugli Enti
locali. Gli «intelligenti», invece, temono in questo modo di fare il
gioco del premier che, disarcionato da una congiura di palazzo,
vestirebbe volentieri i panni della vittima e magari vincerebbe pure il
referendum di ottobre. Tra gli attendisti «intelligenti», oltre a
Schifani, viene classificato l’ex ministro Lupi. Risultano contatti in
corso tra una parte dei dissidenti e il mondo berlusconiano. Ma il
Cavaliere (3 ore a pranzo coi capigruppo Brunetta e Romani) non ha
alcuna voglia di provocare una crisi che farebbe solo il gioco di Renzi,
e punta tutte le sue carte sul «no» al referendum.
In caso di «incidente»
L’odore
di bruciato è tale che arriva fino sul Colle. Dove Mattarella e Renzi
ne hanno ragionato durante un incontro, ufficialmente, sul prossimo
summit della Nato. Per Renzi, la situazione a Palazzo Madama è sotto
controllo, il premier non si attende sgambetti. Ma se, invece,
l’incidente capitasse proprio per colpa dei «disperati»? A quel punto,
Renzi si regolerebbe esattamente come avrebbe reagito un anno fa:
convocando la direzione Pd per proporre le elezioni anticipate, subito
alle urne senza nemmeno attendere il referendum. «Non si tratta di un
ultimatum», ha ribadito più volte Renzi a Mattarella, ma di coerenza. Il
Presidente tuttavia, secondo altre ricostruzioni, dubita assai circa la
possibilità di tornare al voto con un doppio sistema: maggioritario
alla Camera (l’«Italicum») e proporzionale al Senato (il
«Consultellum»). Nel mondo quirinalizio si fa presente che Mattarella è
sempre stato coerente fautore di un mandato popolare chiaro, sarebbe
singolare se permettesse di andare al voto con un confuso sistema che
rischia di produrre ingovernabilità e paralisi (Renzi non la pensa così:
lui è convinto di poter conquistare la maggioranza perfino con un
sistema proporzionale al Senato). Prima di tornare alle urne, insomma,
secondo Mattarella sarebbe il caso di rimettere ordine nella legge
elettorale. Lo dice anche una parte del Pd, però Mattarella ha
tranquillizzato Renzi: nessuna «liaison dangereuse» con Franceschini
& C. Meglio intervenire subito sulla legge elettorale, è il
sottile ragionamento che si ascolta nelle stanze ovattate del Colle,
altrimenti magari sarebbe necessario provvedere poi, a crisi di governo
aperta, dunque in una situazione di caos politico e , con un apposito
governo «di scopo» che nessuno vuole, incominciando da Renzi.
Il puzzle della data
A
proposito di referendum. Il premier era orientato a votare l’ultima
domenica di ottobre. Ma poi, consultando il calendario, qualcuno si è
accorto che c’è il ponte dei Santi, una tentazione irresistibile per gli
astensionisti. Per cui l’orientamento ora è quello di votare la nuova
Costituzione il 6 novembre prossimo. I Radicali insistono per uno
spacchettamento dei quesiti e Renzi, interpellato in proposito dal
Presidente, per la prima volta non ha eretto barricate: «Io preferisco
un sì o un no all’intera legge», ha risposto, «ma se ne può discutere».
Purché serva a riportare il dibattito sui contenuti veri della riforma.