giovedì 7 luglio 2016

La Stampa 7.7.16
“Sparò alla fidanzata, ma si è pentito”
Per Pistorius solo sei anni di carcere
Polemiche in Sudafrica: l’atleta favorito perché ricco e famoso
di Lorenzo Simoncelli

«Una lunga condanna non sarebbe giusta, ha già trascorso un anno in carcere e mesi ai domiciliari, è un ideale candidato per un programma di riabilitazione, inoltre ha dimostrato rimorso per il suo errore». Questa la motivazione che ha portato il giudice Thokozile Masipa a condannare Oscar Pistorius a 6 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, uccisa con 4 colpi di pistola la notte di San Valentino del 2013. Un verdetto definito già da molti «troppo lieve», se si pensa che il codice penale sudafricano prevede una condanna minima di 15 anni per omicidio volontario. Le attenuanti hanno prevalso sulle aggravanti. Il rimorso, l’aver perso soldi e fama, ma soprattutto la vulnerabilità esibita dal legale del campione paralimpico davanti agli occhi dal giudice tre settimane fa in aula facendo barcollare Pistorius sui suoi moncherini. Tutti elementi che hanno fatto capitolare la richiesta di 15 anni di detenzione da parte dell’accusa. A questo va aggiunto che dopo aver scontato metà della pena nella cella solitaria del carcere di Pretoria, ossia tre anni, Pistorius potrà richiedere i domiciliari che, in caso di buona condotta, verranno concessi.
Il giudice magnanimo
Per la seconda volta in due anni e mezzo di processo, la giudice sudafricana ha dimostrato tutta la sua compassione credendo davvero, come in primo grado, che l’ex corridore abbia sparato pensando che si trattasse di un ladro. Punendolo, così, per l’eccessiva violenza del gesto, ma scagionandolo definitivamente dalla tesi più accreditata, secondo cui i due avrebbero avuto una lite quella sera prima del tragico epilogo. E pensare che pochi giorni prima dell’inizio delle udienze, a marzo 2014, tutti credevano che la decisione da parte della magistratura sudafricana di incaricare un giudice donna e di colore era un chiaro segnale che per Pistorius gli anni di carcere sarebbero stati innumerevoli.
Il fattore denaro
Nel processo saga più mediatico dai tempi di OJ Simpson, più che il colore della pelle, nonostante molti in Sudafrica ancora credano il contrario, ha fatto la differenza il fattore economico. Il campione paralimpico si è potuto permettere di pagare i migliori avvocati del Paese (i veri vincitori di questo processo), grazie ai successi sportivi e agli sponsor che lo hanno ricoperto d’oro fino al giorno prima dell’omicidio per aver incarnato un modello di successo nonostante la disabilità. Al momento della lettura del verdetto il 29enne sudafricano è rimasto impassibile, forse anche lui sorpreso dalla magnanimità del giudice. Mentre la sorella Aimee in lacrime è corsa ad abbracciarlo, prima che fosse portato nelle celle detentive del tribunale.
Sommessa e dignitosa la reazione dei genitori della vittima, distrutti da 3 anni di sofferenze e pressioni. Il loro legale ha fatto trasparire tutta la loro delusione per il verdetto, ma all’uscita dell’aula il padre di Reeva, Barry, ha affermato: «Sono contento sia finita, non voglio mai più vedere quest’aula in vita mia». Bocche cucite in casa Pistorius. Ha parlato solo la portavoce Anneliese Burgess: «Accettiamo il verdetto, è stato un processo estenuante, ora siamo sollevati e abbiamo deciso di non appellare». L’accusa ha due settimane di tempo per presentare appello, ma sembra che anche il pm Gerrie Nel abbia deciso di accettare il verdetto.