La Stampa 7.7.16
Ncd si sfalda sulla linea di Angelino
Il governo rischia di cadere sull’Italicum
Una
decina di senatori, capeggiati da Schifani, chiedono l’appoggio esterno
Il ministro dell’Interno: Renzi non lo accetterà e vi porterà a
elezioni anticipate
di Amedeo La Mattina
Visto
dal Senato, il governo sembra avere non proprio le ore o le settimane
contate ma qualche mese di vita. Pezzo dopo pezzo, la maggioranza si sta
sfarinando e Renzi rischia di non arrivare al referendum di ottobre.
Potrebbe non arrivarci se quello che si muove a Palazzo Madama sotto
traccia (e non solo) dovesse esplodere improvvisamente. Il detonatore è
il progressivo indebolimento di Alfano che non tiene più i ranghi di
Ncd-Ap dove il numero di chi vuole passare all’appoggio esterno cresce
ogni giorno. Non solo i senatori Roberto Formigoni e Giuseppe Esposito.
Ce ne sono almeno una decina su trenta che sono su questa posizione. E
tra questi ci sarebbe pure il capogruppo Renato Schifani, che sembra
pronto a questa virata.
Appoggio
esterno? Alfano non ci sta. Parlando con i suoi ha spiegato che Renzi
ne prenderebbe atto e direbbe a Mattarella di non avere più la
maggioranza, chiedendo le politiche in autunno. «Invece di giocarsi la
vita per inseguire il 51% al referendum, punterebbe al 40%
dell’Italicum». Ma al Senato si voterebbe con il Consultellum, gli è
stato fatto notare. «Fatevi i conti - ha risposto Alfano - se uno
prendere il 40% a livello nazionale, con lo sbarramento regionale del
Consultellum arriverebbe al 50% dei seggi e quelli che gli mancano li
troverebbe in un quarto d’ora. L’appoggio esterno è favola senza lieto
fine per chi la fa». Non sembra che abbia convinto tutto il partito che
chiede di insistere sulla modifica dell’Italicum».
Ieri
si è avuto un esempio di una scissione di fatto quando, oltre ad
Esposito, Antonio Azzolini si è presentato al riunione dei senatori
dell’opposizione che hanno costituito il coordinamento per il No al
referendum. E se non avesse avuto problemi personali, da Reggio Calabria
sarebbe arrivato pure Giovanni Bilardi. Fanno tutti parte di quel
gruppo vicino a Schifani che contesta l’attendismo di Alfano, il suo
appiattimento su Renzi, la sua voglia di sopire la richiesta di cambiare
l’Italicum prima del referendum. Il ministro dell’Interno viene
contestato perchè non vuole tornare nel centrodestra e sceglie «la linea
poltronista e ministeriale», come dice il senatore Francesco Colucci.
A
minare Renzi non c’è solo la fronda di una decina di senatori che
chiedono ad Alfano di passare all’appoggio esterno. Ce ne sono tanti a
Palazzo Madama, ma anche alla Camera. Sono coloro che, pur volendo
aspettare il referendum per fare il tagliando al governo (come chiede
Angelino per tenere tutti buoni), danno per scontata la dead line. Dice
Giuseppe Torrisi, che non è un baricadero: «Renzi è in picchiata. Ormai
in molti stanno preparando il prossimo governo dopo il referendum. Noi
come Ncd e Alleanza Popolare dobbiamo tornare nel centrodestra,
cominciare a costruire una coalizione come quella di Milano. È l’unico
modo per evitare che la sfida sia solo tra Pd e 5 Stelle».
Il
Senato è diventato il vulcano sopra il quale è seduto Renzi e Alfano. I
quale, guarda caso, ieri ha ricevuto dai deputati del suo partito una
raffica di solidarietà per la vicenda del padre, mentre dal Senato le
uniche dichiarazioni sono arrivate dal capogruppo Schifani, De Poli e
Marinello. Insomma, ad Alfano vengono meno le truppe. E in soccorso a
Renzi non ci sarà più Verdini e la pattuglia di Ala. Anche il sostegno
dei verdiniani sta crollando. Sarebbero 5 i senatori di Denis che stanno
trattando il passaggio al gruppo Gal: D’Anna, Falanga, Ruvolo, Scavone e
Compagnone. Alcuni di loro negano, come fa Ruvolo con un sorriso poco
rassicurante. Spiega che «Renzi doveva fare il Partito della Nazione, ma
dopo le amministrative ci ha scaricato: alla prima curva ci ha cacciato
a pedate. Come potrebbe tenerci stretti alla maggioranza? Con posti di
governo, ma non è aria, allora “ciaone”».