La Stampa 7.7.16
Referendum, svolta di Renzi “Perdo? Resterò segretario”
In caso di vittoria del no, dimissioni “solo” da premier
di Francesco Bei e Carlo Bertini
«Se
mi fanno perdere il referendum devo regalare a questi anche il
partito?». È la domanda retorica che da qualche giorno Matteo Renzi sta
rivolgendo ai suoi. E quando la pronuncia si mette in osservazione,
fissando l’interlocutore per testarne la reazione. Non cerca assensi, di
fatto in cuor suo ha già preso la decisione. A dispetto del «se vince
il No torno a casa» di qualche mese fa, ormai il premier ha sterzato di
180 gradi. Si dimetterà certo, per non perdere la faccia. Ma «soltanto»
da presidente del Consiglio, mantenendo la preziosa carica di segretario
del Pd. Non a caso, fanno notare i pochi messi a parte della novità, da
qualche tempo, quando glielo chiedono, Renzi si limita a dire che
«trarrà le conseguenze» dal voto, senza specificare quali saranno e,
soprattutto, senza più prefigurare per se stesso un futuro da privato
cittadino.
Non
è un capriccio, c’è una logica in questo cambiamento di piani. Perché
il premier è deciso a tutelare la sua eredità politica nel prossimo
parlamento e, per farlo, deve mantenere il controllo sulle candidature
alle Politiche. E c’è un unico modo per farlo: restare imbullonato a
largo del Nazareno. «Potete star certi - argomenta chi gli ha parlato -
che non ricandiderà quelli della minoranza che lo hanno fatto perdere».
In
caso di sconfitta al referendum di ottobre sono diversi gli scenari che
si vanno componendo tra il Nazareno e Palazzo Chigi. Se anche
Renzi-segretario del Pd dovesse dare il suo nulla osta alla nascita di
un governo di scopo per rifare la legge elettorale, non sarà infatti un
via libera a tempo indeterminato. E questo è un primo paletto ben
piantato nel terreno. «Possiamo sostenerlo al massimo per un anno, poi a
ottobre 2017 ci devono essere le elezioni». Anche questa data ha una
sua logica, visto che il congresso del Pd si deve tenere a dicembre del
prossimo anno. E Renzi ci vuole arrivare dopo le elezioni anticipate, in
modo da poter compilare le liste ancora da segretario, senza correre il
rischio di essere spodestato dal Nazareno con le primarie.
I sondaggi
Anche
se il circolo stretto del premier ha accolto come un balsamo il
sondaggio di Scenari Politici per l’Huffington Post, pubblicato tre
giorni fa, che dava la fiducia degli iscritti nei confronti del leader
del Pd al 70 per cento. E un sondaggio, stavolta di Ipsos, ha fatto
tirare un altro bel sospiro di sollievo, con il Sì al referendum
costituzionale di nuovo in testa (51 contro 49) dopo un paio di
settimane di prevalenza dei No.
Da
tutti questi ragionamenti si tiene per ora fuori il presidente
Mattarella. Sarà il Quirinale, in caso di dimissioni del premier a
ottobre, a prendere in mano la partita. Ma per il momento il capo dello
Stato non vuole entrare in questi giochi di palazzo. E dal Quirinale
bollano come «fantasiose ricostruzioni» quelle che descrivono Mattarella
già impegnato a stendere una rete per il dopo Renzi.
D’Alema e Mogherini
Chi
al contrario è estremamente attivo su questo fronte è Massimo D’Alema.
Non solo prefigurando, come ha fatto nell’intervista di ieri alla
Stampa, un futuro per la riforma del bicameralismo nel caso di una
bocciatura popolare del ddl Boschi. Ma anche immaginando altri
protagonisti per la nuova stagione politica post-renziana. Qualche
giorno fa, durante la presentazione a Pisa del nuovo numero della
rivista ItalianiEuropei, molti in platea sono rimasti colpiti dagli
elogi con cui D’Alema ha ricoperto Federica Mogherini, l’Alto
rappresentante per la politica estera Ue. Indicata dal premier a
Bruxelles ma, dicono, ormai lontana politicamente da Palazzo Chigi. «Le
azioni che sta intraprendendo su più fronti, dall’immigrazione al
superamento delle liti fra le capitali, ne fanno un punto di riferimento
in Europa». Che Max stia pensando a lei - giovane e accreditata nell’Ue
- per il dopo Renzi?