La Stampa 6.7.16
Il procuratore antimafia: “Legalizzare le droghe leggere”
Franco
Roberti: “Così si combattono i produttori taleban afghani e i clan che
hanno saldamente in mano il monopolio del traffico”
di Francesco Grignetti
Per
battere davvero i taleban, che in Afghanistan si finanziano con le
coltivazioni di papavero da oppio, occorre legalizzare le droghe leggere
in Italia (e nel resto del mondo). A sostenere le ragioni
dell’antiprobizionismo scende in campo nientemeno che il
superprocuratore antimafia e antiterrorismo Franco Roberti.
Qualche
giorno fa, invitato dal Parlamento a dare un parere su un ddl
antiproibizionista - prima firma è Roberto Giachetti, ma sono 220 i
deputati di vari gruppi che lo sostengono - che mira a legalizzare la
cannabis, Roberti presenta il suo contributo «propositivo, pragmatico,
scevro di pregiudizi politici e ideologici, fondato sui fatti». E che
fatti.
Il superprocuratore riconosce che la lotta al narcotraffico
si trascina stancamente e che la lotta la stanno vincendo i
trafficanti. Basandosi sui dati ufficiali, la Direzione nazionale
antimafia e antiterrorismo stima che in Italia circolino almeno 1,5
tonnellate di cannabis all’anno; sarebbero 3 milioni i consumatori
stabili. È un dato riconosciuto - scrive Roberti - che le mafie hanno
saldamente in mano il monopolio del traffico e che i taleban afghani
sono i principali produttori al mondo. «Equivale a dire che la
produzione di cannabis è una delle fonti di finanziamento del
terrorismo».
Se si vuole dare un colpo alle mafie e ai taleban,
bisogna togliere dall’illegalità questo straordinario canale di
finanziamento. Oltretutto - è il ragionamento di Roberti - «per una
schizofrenia del sistema», si assiste a un enorme spiegamento di forze,
di polizia e della magistratura, a contrasto delle droghe leggere, le
meno pericolose, a discapito del contrasto alle droghe pesanti. «I
sequestri di cannabis sono 100 volte di più di quelli di eroina e
cocaina, 800 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche».
Per
questo motivo che la Superprocura è favorevole a far produrre la
marijuana come si fa attualmente con il tabacco, sotto il controllo dei
Monopoli, e a venderla nelle tabaccherie. Roberti giustifica la
rivoluzione in cinque punti: liberare risorse da indirizzare nella lotta
alle droghe pesanti, sollevare i tribunali da migliaia di procedimenti
che portano troppo spesso a sanzioni che restano sulla carta, togliere
ricchezza alle mafie, far guadagnare lo Stato con nuove entrate,
prosciugare il canale di autofinanziamento dei taleban afghani.
Roberti
è invece contrario all’autoproduzione e agli shop dedicati come in
Olanda. Il pericolo è che la criminalità, cacciata dalla porta, rientri
dalla finestra, si veda il settore delle scommesse. «Questo nuovo affare
attirerebbe inevitabilmente gli interessi del crimine organizzato». No
all’autoproduzione per uso domestico. Peggio ancora, Roberti teme
l’autoproduzione associata, «ulteriore cavallo di Troia per far
rientrare nell’affare la criminalità organizzata che potrebbe acquisire
una ulteriore opportunità per produrre e commerciare la cannabis».
Bisogna
guardare in faccia la realtà, dice Roberti. E così come intende essere
pragmatico nella scelta di depenalizzare, ugualmente non ci si può
nascondere che «come insegnano migliaia di procedimenti che passano
all’attenzione delle Direzioni distrettuali antimafia, le possibilità
per la criminalità di creare governare associazioni “fantasma” (se ne
vedono moltissime in tutti i settori, da quello agricolo a quello dei
servizi) composte da persone spesso inconsapevoli, ovvero da meri
prestatori d’opera, o semplicemente da chi presta il proprio nome, sono
inesauribili». Il rischio è di creare di nuovo un mercato illegale,
oltretutto senza i controlli sanitari che sarebbero obbligo dei
Monopoli. Già, perché c’è cannabis e cannabis. E se si interviene sulla
concentrazione del principio attivo Thc, il rischio torna elevato.
Il
viceministro degli Esteri Benedetto Della Vedova, crede che il ddl in
arrivo alla Camera il 25 luglio abbia una «vasta maggioranza
trasversale» e auspica una «limpida battaglia. Se ciò non accadesse, mi
auguro che il gruppo del Pd rispedisca le pressioni al mittente e lasci
la piena libertà di voto per i deputati dem».