mercoledì 6 luglio 2016

La Stampa 6.7.16
Atene un anno dopo si scopre europeista
“Temiamo la Brexit”
Nel 2015 il referendum sul salvataggio Ue Ora rischia un’altra crisi. Tsipras sotto accusa
di Marta Ottaviani

Un anno fa la Grecia andava a votare un referendum che doveva far saltare l’Eurozona e innescare una rivoluzione nel club di Bruxelles. Un anno dopo la rivoluzione non c’è stata e il governo di Atene ha siglato un altro accordo con i creditori internazionali. L’Ellade respira ancora grazie all’austerity imposta da Berlino da una parte e dall’accordo di Bruxelles con la Turchia sui migranti dall’altra. Un equilibrio precario, su cui pesa lo spettro della Brexit, che potrebbe infliggere un colpo mortale ai sacrifici fatti dalla popolazione.
Camminando per le strade di Atene, si capisce che è presto per usare la parola «speranza». Molti negozi sono ancora chiusi, l’economia è in recessione per l’ottavo anno consecutivo, la disoccupazione al 26%, con quella giovanile che passa il 50%. Il meccanismo di controllo dei capitali, in vigore da un anno per evitare il prelievo massiccio di contante dalle banche, ha portato a una flessione del 4,3% della domanda interna e all’11% delle importazioni.
Con cifre del genere è dura essere ottimisti. Eppure, la Grecia è ancora in piedi, merito anche di una situazione più gestibile per quanto riguarda i rifugiati, che il popolo ellenico ha aiutato in modo encomiabile, se si pensa alle condizioni in cui ha dovuto affrontare l’emergenza. Il Pireo e il centro di Atene sono stati in buona parte svuotati dalla presenza dei migranti, collocati in campi allestiti ad hoc grazie ai fondi europei. Lo sbarco sulle isole è stato bloccato dall’accordo firmato con la Turchia, finché tiene. «Diciamo che l’Europa è in crisi e per una volta tanto non è colpa nostra – ironizza Nick Malkoutzis, vicedirettore del quotidiano Kathimerini -. Navighiamo a vista. La recente tranche da 7,5 miliardi di euro dei creditori internazionali ci permette di passare un’estate tranquilla, certo più di quella del 2015. Il governo sta facendo le riforme richieste da Bruxelles in vista della prossima valutazione sull’economia nazionale, il prossimo autunno. Erano partiti con un piano ambizioso, impossibile da realizzare, ora governano in linea con i loro predecessori. Solo nei prossimi mesi potrebbero ottenere delle concessioni per migliorare le condizioni della popolazione. Potremmo quasi dirci salvi, ma la Brexit è un rischio. La Gran Bretagna è un partner importante per la Grecia, le nostre esportazioni nel 2014 sono state di circa un miliardo di euro. Una flessione o un’interruzione potrebbero vanificare anni di sacrifici per far tornare i conti, senza contare il turismo. Lo scorso anno sono stati 2,4 milioni gli inglesi in vacanza, che equivalgono a 2 miliardi di euro di entrate».
Il più preoccupato è Alexis Tsipras, l’ormai ex promessa della politica greca. I sondaggi parlano chiaro: il suo partito di sinistra Syriza è passato dal 35 al 17% dei consensi. Il 69% è scontento del suo operato. Chi lo difende sostiene che il giovane premier sia limitato nella sua azione dai creditori internazionali. Gli oppositori lo accusano di aver preso il potere ma di aver fallito.
In mezzo c’è il popolo greco e quella scritta ancora visibile al Pireo «stiamo con i rifugiati», a simboleggiare come chi ha rischiato di far saltare l’Eurozona per mesi abbia tenuto in piedi in condizioni disperate i valori fondanti dell’Ue. Anche per chi ha deciso di lasciarla e adesso potrebbe dare loro il colpo di grazia.