La Stampa 6.7.16
Pensioni d’oro, sì al contributo
La Corte Costituzionale dà il via libera al prelievo di solidarietà: “È legittimo”
di Paolo Baroni
Per
i pensionati è certamente un sacrificio, ma il contributo di
solidarietà sulle pensioni d’oro per la Corte costituzionale è
legittimo. La Consulta, informa una nota, ha infatti respinto le varie
questioni di costituzionalità relative al contributo introdotto nel 2014
dal governo Letta. I giudici, come prima cosa, hanno «escluso la natura
tributaria del provvedimento, ritenendo che si tratti di un contributo
di solidarietà interno al circuito previdenziale, giustificato in via
del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema».
Quindi la Corte ha ritenuto che tale contributo, che scade a fine 2016,
«rispetti il principio di progressività e, pur comportando
innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque
sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a
oltre 30 volte superiori alle pensioni minime».
Erano in tutto 6
le ordinanze di remissione proposte da varie sezioni della Corte dei
conti che la Consulta ha esaminato ieri. In particolare i giudici
contabili hanno sollevato dubbi di violazione di diversi articoli della
Costituzione, nonché di principi contenuti nella Convenzione europea dei
diritti dell’uomo.
Accusa e difesa
I difensori dei
pensionati, che ieri sono intervenuti durante la seduta pubblica, hanno
definito il prelievo di solidarietà incostituzionale in quanto
«irragionevole». «Si tratta di misure irragionevoli - ha rilevato il
professor Vittorio Angiolini - come già detto da questa Corte nella
sentenza 116, in cui veniva affrontato proprio il tema del contributo di
solidarietà, un reddito da pensione non ha ragione di contribuire più
di altri redditi a entrate e uscite pubbliche». Di diverso parere invece
la posizione degli avvocati dello Stato Federico Basilica e Gabriella
Palmieri e del legale dell’Inps, Filippo Mangiapane che hanno difeso
l’importazione del prelievo, un contributo ispirato a «principi di
solidarietà sociale, progressivo e temporaneo» e che va valutato
all’interno di un quadro che punta ad «assicurare anche le pensioni
future» in un’ottica di solidarietà intergenerazionale. In particolare,
secondo l’Avvocatura dello Stato che ieri è intervenuta a nome di
palazzo Chigi, «l’impostazione che sta dietro le ordinanze con cui è
stata sollevata la questione di costituzionalità è vecchia, superata,
perché non tiene conto del fatto che qualcosa è cambiato né della
congiuntura economica», visto con le norme sull’equilibrio di bilancio
«la finanza pubblica diventa un bene da tutelare in via prioritaria».
Più in generale, secondo gli avvocati, non reggeva nemmeno l’ipotesi che
il contributo violasse principi quali quello di solidarietà sancito
dall’articolo 2 della Costituzione o della capacità contributiva,
previsto dal 53. Lo stesso vale per le obiezioni che fanno leva
sull’art. 97 sull’equilibrio di bilancio pubblico, che «invece è un
nostro cavallo di battaglia - ha detto Basilica - è lo “scudo” di questo
contributo».
Il nodo delle perequazioni
Ieri la Consulta ha
esaminato anche i ricorsi contro il meccanismo di perequazione delle
pensioni introdotto sempre nel 2014 dal governo Letta (ed in vigore sino
a tutto il 2018), che prevede una copertura decrescente con l’aumentare
degli importi degli assegni. Ma in questo caso per conoscere la
decisione si dovrà attendere la pubblicazione delle sentenza prevista
nelle prossime settimane.